sabato 21 aprile 2012

MALCOMANDATI - Mario Troso. Storia di battaglie dove gli italiani furono malcomandati. Dal 1495 al 1943

"Specchiatevi ne' duelli e nei congressi di pochi, quanto gli Italiani siano superiori con le forze, con la destrezza, con lo ingegno; ma come si viene agli eserciti non compariscono. E tutto procede dalla debolezza dei Capi." (Niccolò Machiavelli) Gli Italiani nei momenti più critici della loro storia, quando furono impegnati in grandi azioni di guerra non poterono contare su grandi generali che sapessero comandare le truppe portandole alla vittoria. A partire dal 1494, momento dell'invasione francese del re Carlo VIII e fino all'ultima guerra mondiale, gli Italiani furono quasi sempre mal comandati proprio quando si trovarono coinvolti in eventi bellici determinanti per la storia della nazione. Questa mancanza di abili generali, soprattutto nella delicata fase di assestamento nei primi trent'anni del XVI secolo, fu dovuta anche al fatto che gli Italiani erano influenzati da mode culturali che compromettevano l'essenziale e risolutivo modo di combattere adottato invece dagli altri popoli. Il Rinascimento, con il revival dell'antichità classica, li spingeva infatti ad utilizzare vecchi schemi e tattiche largamente superate quando invece altre nazioni, immuni da questo retaggio, erano libere di sperimentare innovazioni stravolgenti. Queste erano già emerse nelle battaglie con le quali gli Svizzeri avevano distrutto Carlo il Temerario duca di Borgogna, ma l'atteggiamento intellettuale impedì ai governanti degli Stati italiani di riconoscere e adottare le innovazioni in tempo utile. Ai nostri giorni Prezzolini si domandava: "Rimane il fatto indiscutibile che, in generale, le guerre condotte dagli Italiani finirono male. Altrettanto vere sono le prove dell'eroismo e del valore dei soldati italiani presi individualmente. Come si deve spiegare questa contraddizione?" A suo tempo Machiavelli l'aveva spiegata con la mancanza di abili comandanti e, a partire dal 1848, si spiega con la mancanza di un gruppo di generali costituenti sia uno Stato Maggiore che progettasse e controllasse le operazioni sia un Comando Supremo che le guidasse sul campo. Purtroppo episodi conseguenti a questo malcomando hanno attribuito agli Italiani la fama di combattenti dotati di scarso valore. Prima perché non seppero preservare la libertà d'Italia, poi perché tollerarono per secoli di essere dominati dallo straniero e infine perché in tempi recenti, in occasione delle guerre d'indipendenza, non riuscirono a dare chiara dimostrazione del loro valore. Anche quando rifulse, fu sempre misconosciuto in seguito alla preesistente e radicata fama, dura a morire. L'ottimo comportamento delle truppe italiane sui fronti di combattimento nel corso dei primi due anni della prima Guerra Mondiale 1915-1917 poteva essere considerato finalmente un valido contributo alla correzione del pregiudizio. Tanto che Benedetto Croce il 24 settembre 1917 scriveva che l'esercito italiano "... sta redimendo in modo definitivo il popolo italiano da una taccia quindici volte secolare." Ma poi nell'ottobre di quell'anno ci fu Caporetto e la redenzione fu compromessa. Anzi fu confermata la tradizionale nomea degli Italiani come combattenti di poco conto, poiché il Comando Supremo aveva diramato bollettini di guerra nei quali la causa del disastro risultava essere la insufficiente combattività delle truppe. Per dimostrare la tesi del malcomando abbiamo preso in esame le seguenti battaglie e i relativi periodi storici. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO SU ARTE RICERCA

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