martedì 30 ottobre 2012

FOTOGRAFIA - L'ARTE DELLA LUCE - Giuliano Confalonieri

”.
▪ Il francese J.N. Nièpce realizzò nel 1826 la prima immagine prodotta chimicamente e fissata su una lastra di peltro con l’ausilio del principio della Camera Oscura: dopo molti tentativi Nièpce aveva esposto una lastra eliografica, oggi conservata negli USA, per sei/otto ore. In periodo napoleonico partecipò alla campagna d’Italia. Ritiratosi dal servizio attivo per motivi di salute, con il fratello Claude si dedicò agli studi scientifici nella tenuta di famiglia a Gras. A Parigi conobbe e collaborò con Daguerre. Nièpce morì dimenticato: i suoi meriti furono riconosciuti solamente a posteriori. ▪ L.J. Mandé Daguerre – scenografo all’Opera di Parigi – presenta nel 1839 il dagherrotipo, copia unica non riproducibile: un supporto di rame ricoperto di un sottile strato d’argento sensibilizzato con vapori d’argento, esposto alla luce e quindi sviluppato con vapori di mercurio. Come per molte invenzioni, sembra che il processo fosse casuale: Daguerre chiuse una lastra esposta nell’armadio insieme ad un termometro rotto; quando aprì le antine trovò che i vapori di mercurio avevano sviluppato le figure. Riuscì così “a stabilire in chiaro ed in ombra l’immagine riprodotta dal processo della camera nera” (lo Stato francese ne comperò i diritti e decise di rendere pubblica l’invenzione). Nello stesso periodo fu adottato il termine fotografia, dal greco photos-graphein, ovvero fotografare con la luce. Nel 1822 Daguerre aveva perfezionato il Diorama, teatro ottico attuato con scene dipinte mobili che, con opportuni giochi di luce, dava l’impressione della realtà. ▪ L’inglese W.H. Fox Talbot brevettò nel 1840 il calotipo, negativo su carta al nitrato d’argento. Ideatore del procedimento negativo-positivo con materiale fotosensibile e quindi con la possibilità di ottenere molte copie dello stesso soggetto; il processo è alla base dei sistemi chimici usati ancora oggi. Talbot era arrivato in Italia nel 1822 e durante una vacanza sul lago di Como studiò la tecnica per fermare le immagini proiettate sul vetro della Camera Oscura. Volle brevettare ogni sua idea e per questa ossessione si ritiene che ritardò la diffusione della fotografia. Nel 1839 lesse alla Royal Society la relazione sull’arte del “disegno fotogenico, procedimento attraverso il quale si possono ritrarre gli oggetti senza l’aiuto del pennello di un artista ...” Un documento del 1839 sui sistemi approntati da Daguerre, Nièpce e Talbot ci riporta agli albori della tecnica fotografica; ne riportiamo una sintesi: “L’importante scoperta di ritrarre gli oggetti al naturale con il nuovo metodo applicato alla Camera Ottica ha destato grande sorpresa e ammirazione in Francia e fuori ... Il 19 agosto era prevista una dimostrazione presso l’Accademia delle Scienze parigina ... Daguerre si avvide che non potrebbe operare essendo necessario un locale rischiarato solo da una lampada per preparare le lastre di metallo, stante che queste sono talmente sensibili all’azione della luce diffusa che il minimo contatto le rende negative. Non potendo rendersi oscura la sala, decise limitarsi alla dimostrazione e descrizione di tutti i pezzi occorrenti a produrre le ammirabili sue immagini ... Non avvi penna capace a descrivere le perfezione dei particolari e nitidezza di contorni che distinguono questi quadri. Nel primo vedesi sulla spiaggia presso il ponte un ammasso di mattoni talmente distinti che con pazienza si potrebbe contarne il numero e l’altezza delle file. Il secondo rappresenta l’interno del gabinetto dell’inventore, statue, busti, ecc. Stanno là come tanti pezzi in rilievo ma il terzo, fatto da qualche giorno, sorpassa tutto ciò che si può sperare dal più esperto pennello. Un antico e folto arazzo guernito di passamani a frangie è sostenuto da ricchi cordoni, i suoi ricami in rilievo si scorgono proiettati nelle pieghe della stoffa e presentano tutte le gradazioni della luce sino al fondo delle pieghe a modo che l’occhio crede ancora vedere le continuazione del disegno del ricamo ... Venti anni fa il sig. Nièpce di Dijon uomo molto istrutto ed ingegnoso riassunse i lavori precedenti e lasciato il cloruro d’argento si servì del balsamo di giudea sciolto nell’olio di lavanda ed applicato sopra una lastra d’argento: seccata la vernice la poneva nella camera nera, immergeva poscia la piastra in un miscuglio di petrolio e di olio di lavanda. Ciò che non era tocco dalla luce veniva sciolto mentre tutti li punti penetrati dalla medesima restavano bianchi ... Ma questo metodo non molto riesciva; considerabile era il tempo impiegato e qualche volta abbisognavano tre giorni per ottenere un quadro ... Talbot scieglie la miglior carta da lettere, la immerge in una leggera soluzione di sal marino a modo che s’imbeva esattamente del liquido e sopra una faccia del foglio stende una soluzione di nitrato d’argento allungato nell’acqua sei o sette volte il suo peso, poscia lo asciuga ben bene al fuoco e la carta è preparata LEGGI TUTTO SU ARTE RICERCA

ARTE POPOLARE - EDICOLE VOTIVE A GENOVA - Giuliano Confalonieri

La devozione dei fedeli in Liguria è particolarmente sentita. Il centro storico di Genova ha una notevole collezione di edicole votive (madonnette) ancorate sugli angoli dei caseggiati. Purtroppo, come tante altre testimonianze, l’incuria, il tempo e l’indifferenza hanno levato loro l’antica funzione e l’antico splendore. Girando tra i caruggi della città vecchia (nomi strani come Vico della rana, Vico Cicala) si incontrano piccoli capolavori destinati a ricordare la presenza del sacro. Spesso, le più frequentate diventano oggetto di culto per l’immagine o la scultura che ospitano. Le nicchie hanno lo scopo di venerazione ed un valore decorativo (in memoria dei defunti, le tombe ad edicola risalgono addirittura alle necropoli etrusche). Tipica è quella del tabernacolo situato sopra l’altare delle chiese, preziosa e decorata perché racchiude la pisside con le ostie consacrate. In occasione del Giubileo 2000 molte sono state restaurate e restituite al patrimonio artistico della città della Lanterna, altre più preziose sono state accolte nel Museo di S. Agostino ed al loro posto sono state sistemati dei calchi in cemento bianco. Scolpite o affrescate, sono merito di artisti ignoti che meritano un plauso a detrazione delle odierne bombolette deturpanti. Non esiste un censimento preciso di questa espressione di fede, però le cronache riportano che negli anni Cinquanta del secolo passato il Comune provvide alla ripulitura di circa 500 pezzi. Purtroppo la presenza sempre più massiccia del regresso civile per le nuove componenti diseducative e multi etniche ha influito anche sulle manifestazioni artistiche di molte città. L’inizio di questa produzione risale al periodo medievale per il culto della Madonna predicato da S. Bernardo e da S. Bonaventura. Ogni delegazione, ogni confraternita voleva immagini sacre alle quali aggrapparsi in situazioni precarie per proteggere il negozio, la bottega artigiana, la vita del quartiere e le varie categorie di lavoratori, dai pescatori ai facchini ai naviganti. Tra i migliori esempi, le opere in stile gotico di Via Luccoli e quella in ceramica di Luca della Robbia, ormai sostituite da copie. La maggioranza delle edicole è riferibile alla diffusione del fenomeno nel Seicento-Settecento fino alla consacrazione di Genova alla Madonna nel 1637 con la diffusione dell’iconografia mariana. Ecco una sintesi delle intestazioni: Madonna col Bambino, Madonna della Misericordia, Madonna Immacolata, Madonna in gloria, Santa Caterina, Sacra Famiglia, Madonna del Cardellino, Deposizione, Madonna del Soccorso, San Giovanni Battista, Santa Caterina da Genova, Gloria di un dottore della Chiesa, Madonna Assunta, Madonna del Carmine. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO SU ARTE RICERCA

giovedì 18 ottobre 2012

Le Ceramiche di Emile Gallè

A Gallé vengono forniti pezzi finiti, ma soprattutto pezzi bianchi che vengono poi decorati a Nancy. Nel 1884 egli amplia alla Garenne il laboratorio di decorazione e fa costruire nuovi forni, assumendo altro personale. L'affermazione di uno stile Nell'evoluzione della ceramica Gallé va citato un valido e fedele collaboratore, Victor Prouvé (Nancy 1858-1943), figlio di Gengoult, quest'ultimo già collaboratore di Gallé padre. Il giovanissimo Prouvé, che a 13 armi comincia a lavorare con il maestro disegnando i decori, studia pittura alla scuola serale e in seguito, alla morte di Gallé, sarà eletto presidente de "L'Ecole de Nancy". I giovani Emile e Victor creano i modelli e i disegni da fornire ai formatori e agli atelier di decorazione. I temi sono spesso ripresi dalle incisioni di Jacques Callot (Nancy 1592-1635) e le figure del grande incisore lorenese sono rappresentate al centro dei piatti, con la tipica bordura delle faiences dell'Est della Francia. Si decorano centri tavola dalle forme barocche secondo la tradizione germanica, cache-pot, corpi di lampade, vasi e piatti con emblemi araldici o con temi ripresi dai pittori paesaggistici olandesi del XVII secolo. Questi ultimi ispirarono le famose ceramiche di Delft, con il blu a tuttocampo; altre volte i decori si rifanno alle favole di La Fontaine. Il maestro riporta in auge i famosi leoni porta torciere e le parure da camino con l'orologio inserito, che sono modelli del XVIII secolo della Saint-Clement, rivisitandoli nei decori con nuovi motivi arabescati e fantasie cromatiche. Leggi tutto su Arte Ricerca