mercoledì 25 aprile 2012
Come viaggiavamo nella Mitteleuropa 1815-1915 - Marina Bressan
Viaggio da Vienna a Trieste. Voyage de Vienne à Trieste. Milano, G. Vallardi, [1832]
Viaggiare! Uscire dal "quotidiano", cambiare, cambiare tutto, per assicurarci i benefici desiderati! L' abbiamo imparato di recente con l'etica della vacanza estiva", esortavano le guide di fine secolo XIX. Ma perché le vacanze divenissero un'opportunità accessibile quasi a tutti nel mondo occidentale dovette trascorrere circa mezzo secolo.
Se il Settecento era stato caratterizzato dal moltiplicarsi dei viaggi, esplicazione di una nuova psicologia basata sul movimento, sull'«irrequietezza» di una nuova volontà di scoprire e di confrontare, che comportava necessariamente una presa di posizione critica, una riflessione che poneva in discussione i concetti di autorità tradizionalmente indiscussi, una rappresentazione del travaglio della società nobiliare nel trapasso da una struttura di caste chiuse ad una fondata su più liberi rapporti umani, il viaggiare rimaneva tuttavia privilegio di pochi, prerogativa di uomini di elevata condizione, nobili, ricchi e colti.
Dotati di competenze e motivazioni diverse, i viaggiatori del Settecento erano accomunati dall'interesse per l'ambiente umano e civile, storico e antropologico. Uscendo dal quotidiano si scontravano con un "fuori" in cui dominava l'incertezza, ma "liberi" da imposizioni temporali legate all'attività produttiva. Il viaggio in carrozza era una conquista, un'esperienza vissuta fino in fondo, un arricchimento della propria personalità.
"Non sono una vera viaggiatrice. Ho paura quando la strada è brutta e quando il postiglione è troppo avventato; ho grande ribrezzo per la sporcizia; non riesco a buttar giù certi cibi come ad esempio il caffè di cicoria di Merano; perdo la pazienza, mi deprimo e mi rammarico di non essere rimasta a casa quando si verifica una giornata di pioggia proprio nel momento in cui io volevo vedere qualcosa di interessante. Tuttavia preferisco sopportare tutto ciò piuttosto che rinunciare alla passione del viaggio" scriveva la berlinese Ida Hahn-Hahn nelle Reisebriefe sulla sua esperienza in Italia.
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