sabato 26 maggio 2012

Scrittori austriaci sul fronte dell'Isonzo - Reportage del Kriegspressequartier - Marina Bressan

Nei primi mesi di guerra dilettanti e scrittori affermati riversarono sul pubblico europeo una valanga di poesie, prosa e saggi, cronache e resoconti. Con entusiasmo scrittori e saggisti assunsero il compito di cronisti di guerra. Nel "dare testimonianza" trovavano legittimazione dello scrivere, nelle descrizioni "realistiche", compatibili con gli obiettivi della propaganda, intendevano trasmettere ideali e dare un senso alla guerra, la cui crudeltà non poteva essere paradossalmente senza senso. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

mercoledì 23 maggio 2012

De Vez Cristalleria di Pantin (1855-1919) - Franco Borga

Camille Tutré de Varreaux che firma con lo pseudonimo De Vez, è chiamato a dirigere la Cristalleria di Pantin nel 1908 al posto dell'anziano Stumpf, già socio del fondatore Monot ritiratosi nel 1888, poi socio con Touvier e Viollet. La Cristalleria, concorrente delle vicine Clichy e Legras, prospera sotto il vigile occhio di De Varreaux, eseguendo una lavorazione di vetri a cammeo a due o tre strati dai modelli espressivi e tecnici simili a quelli della Scuola di Nancy, arricchiti talvolta con pittura a smalto. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

lunedì 21 maggio 2012

I vetri di Franco Deboni - Attilia Dorigato

Quello di Franco Deboni con il vetro è un rapporto che, con approcci diversi e con un coinvolgimento sempre più intrigante, dura ormai da molti anni senza soluzione di continuità. Appassionato collezionista prima, sopratutto della produzione vetraria del nostro secolo, e studioso e ricercatore poi, autore di importanti opere sulla storia del vetro di Murano del Novecento, questo architetto-designer ha al suo attivo una pluriennale frequentazione con le fornaci dell'isola lagunare. E' proprio all'interno delle fornaci che ha esaminato e studiato con attenzione ogni tecnica, seguendo da vicino il lavoro dei maestri e registrando le innumerevoli variazioni che un materiale tanto multiforme come il vetro può offrire, a seconda delle condizioni nelle quali lo si manipola. Appare, quindi, esito naturale di un lungo processo di maturazione quello che lo ha indotto a cimentarsi col vetro a livello creativo, affrontando tutta una serie di problemi tecnici e formali che lo hanno impegnato a fondo in questi ultimi anni. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Francesco Tironi Ultimo vedutista del Settecento veneziano

La veduta veneziana costituisce un genere pittorico che ha ottenuto fin dalla nascita un grande successo, incontrando il crescente favore dei collezionisti a livello internazionale. Luca Carlevarijs (1663-1730), Antonio Canal detto il Canaletto (1697-1768), Francesco Guardi (1712-1793), Michele Marieschi (1710-1743), Bernardo Bellotto (1721-1780) sono le punte di diamante di un vedutismo la cui eccellenza qualitativa, ormai universalmente riconosciuta, ha contribuito in maniera determinante alla formazione dell'idea di Venezia nell'immaginario collettivo. Accanto ai maestri famosi operava alacremente nella città lagunare un buon numero di artisti meno noti che si cimentava con onore e non senza successo nella produzione di vedute, paesaggi e "capricci" per andare incontro alla vivace richiesta dei nuovi collezionisti e dei raffinati conoscitori - soprattutto inglesi - ai quali spetta il grande merito di aver favorito lo sviluppo di un genere che rompeva con la tradizione figurativa accademica della magniloquente pittura di figure. I nomi di questi vedutisti "minori" sono da tempo conosciuti agli studiosi, anche se la schedatura della loro produzione procede a rilento perchè, per ragioni ben comprensibili, nel passato - e talvolta ancora oggi - essa veniva fatta figurare sotto nomi più altisonanti. Si possono ricordare Bernardo Canal (padre di Canaletto), Antonio Stom, Giovanni Battista Cimaroli, Francesco Albotto, Giuseppe Moretti, Gianfrancesco Costa, Jacopo Fabris, Apollonio Domenichini (conosciuto come il "Maestro della Fondazione Langmatt"), Pietro Bellotti (fratello di Bernardo, attivo in Francia), Gabriel Bella, Giacomo Guardi. Nel genere furono attivi anche vari "foresti", come lo svedese Johan Richter, l'olandese Hendrik Frans van Lint, i modenesi Antonio Joli e Francesco Battaglioli, il lucchese Gaetano Vetturali, l'inglese William James, ecc. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Alcuni ritratti veneziani poco noti del Rinascimento

Una parte cospicua della già famosa Galleria dell'arciduca Leopoldo Guglielmo di Bruxelles-Vienna si trova al Museo di Belle Arti di Budapest: questo capitolo del collezionismo europeo è abbastanza ben noto e documentato. Integrato al possesso imperiale come lascito dell'Arciduca, molti quadri sono stati spediti durante il regno di Maria Teresa al castello di Presburgo (Pozsony) e poi a Buda nel 1781 per decorare le sale della residenza reale. Settantotto di essi vennero trasferiti nel 1848 dal palazzo del presidente della Camera al Museo Nazionale e finirono con le collezioni d'arte al Museo di Belle Arti inaugurato nel 1906'. Numerose opere di questa provenienza, fra loro capolavori come Apollo e le Muse di Lorenzo Lotto, i ritratti di giovane e di giovanotto del Palma Vecchio e altri sono ben noti nella letteratura, ma ne esistono anche altri, custoditi nei magazzini — soprattutto a causa del loro cattivo stato di conservazione — che non sono conosciuti o pubblicati. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

domenica 20 maggio 2012

Le magicien du verre Emile Gallé - Franco Borga

Vingt-cinq ans après l'importante manifestation "Les Sources du XX° siècle" qui s'était déroulée en 1960 à Paris, au Musée national d'Art Moderne, et dans laquelle Emile Gallé était l'artiste le plus représentatif la France consacre aujourd'hui une grande exposition à ce maître incontesté de l'Art Nouveau. Elle se tient à Paris au Musée du Luxembourg, du 29 Novembre au 2 Février 1986, sous l'égide du Ministère de la Culture, organisée par la Réunion des Musées Nationaux; de nombreuses personnes y ont collaboré, sous la direction de Philippe Thiébaut, conservateur du Musée d'Orsay, avec la participation de Francoise-Thérèse Charpentier, conservateur du Musée de l'Ecole de Nancy, qui ont réalisé ensemble un catalogue riche et précis. En savoir plus

venerdì 18 maggio 2012

IMPRESSIONISMO - QUATTRO PITTORI "MALEDETTI" - Giuliano Confalonieri

Impressionismo. Corrente pittorica nata in Francia tra il 1867 e il 1880. Il gruppo cominciò a crearsi qualche anno prima quando a Parigi si incontrarono C. Monet e P. Cézanne. Nel 1863 Manet espose Le dejeuner sur l'erbe iniziando un dibattito fra il gruppo dei giovani pittori e della critica più avanzata (sono gli anni degli scritti appassionati di Emile Zola in difesa dell’arte di Manet). La ricerca del nuovo stile diede i primi maturi risultati quando Monet dipinse dal vero le spiagge della Normandia e quando tentò di riprodurre gli effetti della luce sull’acqua della Senna e dell'Oise. Al Salon del 1868 parteciparono quasi tutti i giovani pittori ma la critica ed il pubblico non ne furono entusiasti probabilmente perché ancora influenzati dal romanticismo. La guerra del 1870 disperse il gruppo fino a quando si cominciarono ad apprezzare e raccogliere le loro opere fino alla ricchezza dell'attuale Musée d'Orsay parigino. Nel 1874 E.G.H. Degas organizzò la prima esposizione del nuovo movimento nello studio del fotografo Nadar; in quella occasione si iniziò ad usare il termine impressionisti derivato dal quadro di Monet Impression, soleil levant. Seguirono altre mostre ed il pubblico cominciò a gradire questo genere di quadri pungolato dalle evoluzioni stilistiche dei singoli artisti e dalla novità. La pittura dal vero, basata sull'impressione individuale di fronte al soggetto, qualunque esso sia, è l'impressione visiva di un insieme di colori che variano col mutare delle condizioni di luce: dipingendo paesaggi “en plein air dove la luce non è più unica, e si verificano effetti multipli” (E. Zola) si ottengono nuove esperienze espresse sul quadro con le infinite possibilità del colore, sempre più luminoso. La rivoluzione degli impressionisti fu una rivoluzione di stile. I paesaggi, i delicati ritratti e le scene di vita quotidiana riflettevano una società senza problemi, incline a godere della bellezza delle piccole cose. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

martedì 15 maggio 2012

Le Vergini del Fuoco di Vittorio Zecchin

Un inedito, in particolare di un artista prolifico ed eclettico come Vittorio Zecchin (Murano 1878-1947), non costituirebbe motivo di eccessivo entusiasmo, se non si trattasse, però — e questo è il nostro caso — di un dipinto assegnabile al 1913, alla fase creativa più interessante dell'artista muranese, al culmine cioè di quel periodo che va dal 1908 al 1915 e che costituisce, com'è noto, il momento aureo di quella esperienza collettiva a carattere "secessionista" che si manifestò a Ca' Pesaro Sotto la direzione di Nino Barbantini, con le propaggini che seguirono alla chiusura delle esposizioni "permanenti", avvenuta nel 1913: la "Mostra degli artisti rifiutati alla Biennale", tenutasi al Lido di Venezia nel 1914 e la "Mostra dei Bozzetti" all'Hotel Vittoria nel 1915. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

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giovedì 10 maggio 2012

CHIARIMENTI SULLA NATURA DI COLLEZIONI E MUSEI - Simona Fuscà

Accumulare “cose” Se fosse possibile, per assurdo, tornare indietro nel tempo, gettare uno sguardo sull’uomo e percorrerne, passo dopo passo, la storia dalla più remota antichità fino ad oggi, le impressioni ed i giudizi conclusivi che si potrebbero formulare sarebbero probabilmente condivisibili dalla maggior parte degli osservatori. Certo l’uomo appare straordinariamente diverso, un essere davvero multiforme non solo nel corso dei secoli ma anche se, nello stesso arco di tempo, ci si sposta di pochi chilometri all’interno del medesimo territorio: diverse le leggi, i costumi, la lingua e così via. Eppure se volessimo ugualmente tentare di enumerare le caratteristiche che, in qualche modo, accomunano gli uomini fra loro e che persistono nel tempo, certamente non potremmo fare a meno di ricordare un singolare comportamento che accompagna nei secoli questo particolare essere vivente e la cui origine si perde nei meandri della storia: l’uomo ha sempre “accumulato cose”, gli piace raccogliere oggetti, renderli propri, conservarli per svariati scopi (siano essi rituali e/o religiosi, culturali ecc.) o semplicemente per il puro gusto di farlo. Infatti tale comportamento non è rintracciabile, come a volte si legge, solamente a partire dall’età in cui fiorisce l’arte greca. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

COLLEZIONI E MUSEI: A SPASSO NELLA STORIA - Simona Fuscà

Questo breve excursus mira fondamentalmente a mettere in evidenza il rapporto che ha legato e che continua a legare gli uomini agli oggetti a prima vista inutili: “Cose” che non sembrerebbero avere immediato scopo pratico. Nel lasso di tempo compreso fra 40000 e 60000 anni fa, in Francia (Arcy-sur-Cure), è possibile fissare un terminus a quo e trovare così le prime labili tracce di un’attività collezionistica. Questo particolare atteggiamento nei confronti degli oggetti si evolve nel tempo e viaggia nella storia insieme all’uomo. Possiamo trovarne testimonianza, ad esempio, nelle raccolte di oggetti preziosi e d’arte che si formano nei santuari, nelle tombe e nelle dimore dei capi e dei sovrani. Leggendo il testo Storia dell’arte Greca di Antonio Giuliano e, più specificatamente, il capitolo dedicato all’Età classica (2005, pp. 201-335), si noti come nei santuari greci affluissero voti da ogni città ellenica e da ogni punto del Mediterraneo. Essi erano conservati per lo più in appositi edifici chiamati θησαυροί (thesaurói), alcuni dei quali giunti fino a noi come il thesauros dei Sicioni, dei Sifni, o quello degli Ateniesi. Alternativamente, sempre nella Grecia antica del VI, V e IV secolo a.C., è possibile trovare grandi quantitativi di oggetti preziosi nei templi, ovvero nella parte posteriore – o adyton – in cui spesso erano conservati i tesori appartenenti al dio titolare dell’edificio di culto. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

I BENI CULTURALI: RICOGNIZIONE NEL CAMPO LEGISLATIVO E CONSEGUENTI RIFLESSIONI - Simona Fuscà

Un campo vastissimo Voler parlare di beni culturali significa implicitamente immettersi in un campo di ricerca vastissimo di cui a stento si intravedono i confini. Non solo, infatti, è possibile trattare l’argomento da diversi punti di vista dal momento che esso si colloca all’incrocio di diverse direttrici – s’interseca, infatti, con la storia dell’arte, con la storia dell’economia, con la storia sociale ecc. –, non solo delle questioni inerenti i beni culturali si è occupato un numero immenso di studiosi. A ciò si aggiunga il fatto che ormai l’arte ha cambiato tante volte aspetto ed ha incluso, al suo interno, oggetti tanto enigmatici ed inusuali – basti qui il riferimento a Fountain di Duchamp, oppure a A real Work of Art di Wallinger – da spingere molti a domandarsi quale sia, a questo punto, il confine con ciò che arte non è. Come afferma Nigel Warburton (2003, pp. IX-X) LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

I BENI CULTURALI: UNA POSSIBILE LETTURA DI COLLEZIONI E MUSEI SULLA BASE DELLE ANALISI DI KRZYSZTOF POMIAN, ANDRÉ LEROI-GOURHAN E PIERRE BOURDIEU

I musei sono luoghi dell’esposizione al pubblico, luoghi della conservazione e della valorizzazione ma, si è anche tentati di affermare, luoghi dell’inevitabile cristallizzazione e della decontestualizzazione. La storia della nascita dei musei ha radici che si intrecciano strettamente con la storia che parte dalla fine del secolo XVIII ai giorni nostri. A partire dal periodo rivoluzionario, l’irrefrenabile bisogno di egalité porta, con il passare del tempo, a rivendicare, fra le altre cose, anche la pubblica fruizione degli oggetti di collezioni a cui accedevano solamente pochi fortunati. Il museo sembra, a questo punto, essere la risposta più semplice ed efficace per soddisfare tali richieste. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

martedì 8 maggio 2012

I DISEGNI DELLA BIBLIOTECA CIVICA DI TRIESTE PER L'EDIZIONE VENEZIANA DELLE RIME DI FRANCESCO PETRARCA (1756)

Le Rime del Petrarca brevemente esposte per Lodovico Castelvetro. Venezia, Zatta, 1756, frontespizio. Tra i fondi antichi della Biblioteca Civica di Trieste, quello petrarchesco, fondato da Domenico Rossetti (1774-1842), è di certo uno dei maggiori, comprendendo, oltre a importanti manoscritti e volumi, un gruppo notevole di opere d'arte. Si vuol qui brevemente segnalare, rinviando a un futuro intervento una più puntuale messa a fuoco, la serie di disegni settecenteschi che servirono per le illustrazioni dell'edizione delle Rime del Petrarca brevemente esposte per Lodovico Castelvetro, pubblicata a Venezia in due tomi, presso Antonio Zatta, nel 1756 (G. MORAZZONI, Il Libro illustrato veneziano del Settecento, Milano 1943, p. 248). LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

I primi scritti di Antonio Canova: gli appunti sul mito di Orfeo ed Euridice

Francesco Saverio Leopardi, Per la guarigione dello scultore Sig. Antonio Canova di Possagno, sonetto, 1785. Treviso, collezione privata. Nel suo articolo sulla giovinezza di Canova apparso ormai quasi ottant'anni fa Antonio Muñoz rendeva noti alcuni appunti giovanili dello scultore sulla favola di Orfeo ed Euridice, traendoli da un libriccino in possesso degli ultimi Falier, un cui illustre antenato, il senatore Giovanni, fu, com'è ben noto, il committente delle due statue con quel soggetto, ora conservate nel Museo Correr di Venezia. E verosimile che il giovane Canova abbia preso questi appunti già quando scolpiva la figura di Euridice, quindi prima del 1775, anno probabile di completamento della statua. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO
Jusepe de Ribera, Martirio di sant'Andrea, 1628. Budapest, Szèpmüvészti Muzeum. Stimo utile far conoscere una coinvolgente redazione del Martirio di sant'Andrea, replica, a mio giudizio autografa, non senza, forse, la partecipazione di un collaboratore abituale e di vaglia quale potrebbe essere lo stesso fratello Juan o il fido discepolo Juan Do, del grande quadro di egual tema dipinto da Jusepe de Ribera, firmato e datato 1628, ora nel Museo Nazionale di Belle Arti di Budapest. Già appartenente all'ammiraglio di Castiglia Don Juan Alfonso Enríquez de Ribera, documentato nell'inventario del 1647 di suo figlio Don Gaspar Enríquez de Cabrera ivi valutato la cospicua somma di 6000 reali, da lui donato al convento di San Pascual di Madrid, è descritto da Ponz che con la sua testimonianza rende certa l'identificazione del quadro: «[...] Dello Spagnoletto sono i due grandi quadri collocati ai lati di questo stesso passaggio: uno rappresenta un santo eremita e l'altro, il martirio di un Santo persuaso da un sacerdote all'adorazione di un idolo». Dopo gli sconvolgimenti delle guerre napoleoniche, il dipinto divenne proprietà del pittore e arredatore Andrés del Peral, dal quale fu venduto nel 1822 all'ambasciatore austriaco principe Kaunitz nella cui collezione di Vienna era ancora nel 1882, da questa passò in quella del principe Esterhazy a Budapest e da questi, infine, venduto allo stato ungherese per la sede attuale. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

ANTONIO ZUCCARO A ZAGABRIA

Antonio Zuccaro, Ragazza di ritorno dal mercato di Zara. Zagabria, Museo d'Arte. Originario di San Vito al Tagliamento, dove nacque nel 1815, Antonio Zuccaro decise di trasferirsi a Trieste nel 1853, dopo una formazione accademica a Venezia avvenuta tra il 1843 e il 1852 sotto la guida di Giuseppe Borsato e Ludovico Lipparini, perché "non trovò purtroppo nel suo paese quell'incoraggiamento che avrebbe dovuto attendersi"1. Iniziò quindi a lavorare assiduamente nel litorale della Dalmazia soprattutto per la decorazione dei teatri (Sebenico, Zara, Spalato) e delle chiese esistenti nelle isole in quella fascia costiera, sino alla più remota isola di Corfù LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Il "telero" per il duomo di Pola e altre opere di Pietro della Vecchia

Pietro della Vecchia, Jefte e la figlia. Collezione privata. Un piccolo, aureo volume della sezione istriana della biblioteca Malabotta di Trieste, menziona la presenza a Pola di un lavoro di un importante pittore del Seicento veneziano: all’interno della sala XII del cittadino Regio Museo dell’Istria “la grande tela sulla parete di destra è opera di Pietro Muttoni, detto il Vecchia (sec. XVII). Il dipinto vuol ricordare la cacciata da Pola del vescovo Vergerio, eretico, morto nel 1548. Venne commesso al Vecchia dal vescovo di Pola Alvise Marcello, raffigurato nel dipinto stesso (il vescovo Marcello morì a Roma nel 1651). Al centro, sullo sfondo, è una chiesa a croce greca con facciata ornata da quattro semicolonne ioniche, sormontata da cupola, fiancheggiata da due campanili e con statue nel fastigio. Da destra si svolge una processione, dirigentesi verso il portale della chiesa, di cui i battenti vengono dischiusi da quattro angeli. Verso l’estremità destra le figure ingrandiscono fino al naturale. Domina la figura del vescovo Marcello. Sulla sinistra una turba in fuga, fra cui si notano figure di preti e quella di un vescovo. Anche da questo lato due grandi figure al vero in primo piano. Una di esse, rappresentante l’Eresia, mostra un uomo in atto di fuggire, in uno scorcio diagonale di buon effetto. Al centro, in basso, lo Spirito Santo. La pittura è tutta eseguita di tocco con risalti chiari su sfondo scuro. La grande tela si trovava nel presbiterio del Duomo di Pola. Salvata dall’incendio del 1923, venne restaurata nel 1929”. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

ARTISTI E OPERE DEL SETTECENTO ALLA NARODNA GALERIJA DI LUBIANA: MIGLIORI, HENRICI, PAROLI

Francesco Migliori, Dio padre, la Madonna con il Bambino, san Giuseppe (o Pietro), san Sebastiano, san Rocco, san Francesco d’Assisi e sant’Antonio da Padova. Lubiana, Narodna galerija. L’importanza di un museo si misura anche nella qualità dei suoi cataloghi, una considerazione che può essere applicata con giustezza alla galleria nazionale della capitale slovena, la cui pinacoteca è stata oggetto delle ricerche di Federico Zeri. L’ampia schedatura, condotta dal grande conoscitore assieme a Ksenija Rozman, su dipinti dal medioevo all’età contemporanea conservati presso la Narodna galerija e nel resto della Slovenia, si distingue per l’essenzialità e densità delle informazioni offerte in modo piano, secondo un modello catalografico tipicamente anglosassone. Pur non giungendo sempre allo svelamento dell’autore di ogni opera considerata, il catalogo di Zeri e Rozman ha offerto dunque gli strumenti per ogni successiva attribuzione o approfondimento. È il caso di un modelletto per pala d’altare con Dio padre, la Madonna con il Bambino, san Giuseppe (o Pietro), san Sebastiano, san Rocco, san Francesco d’Assisi e sant’Antonio da Padova (fig. 1), pervenuto alla galleria di Lubiana dal locale Narodni muzej e correttamente assegnato a pittore veneziano della prima metà del XVIII secolo. Se la presenza nel dipinto di santi dell’Ordine francescano e di Rocco e Sebastiano, patroni contro le epidemie di peste, hanno suggerito una commissione legata a tali due fattori, la questione della paternità della tela è, per usare le parole della stessa scheda, ancora aperta nonostante la sua indubbia qualità pittorica, ben ravvisabile nella fresca quanto attenta esecuzione dei panneggi, delle carni e, soprattutto, nella cura chiaroscurale dell’intera composizione. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Giunte al catalogo di Girolamo Brusaferro

Girolamo Brusaferro, Santa Caterina d’Alessandria. Parma, Pinacoteca Stuard. “Seguì nella sua gioventù il Brusaferro la scuola del Cav. Bambini, dove apprese le buone regole del disegno, le quali, quantunque dopo abbandonasse in parte quei modi, gli servirono di buone guide per l’arte, e per essere tenuto un dotto pittore. Tentò anche di seguire la maniera di Sebastiano Rizzi; e infine formossi egli uno stile, che di tutti e due que’ Maestri partecipava; ma aveva insieme qualche cosa di originale”: sull’osservazione di Anton Maria Zanetti si basa giustamente tutta la fortuna critica del veneziano Girolamo Brusaferro (1677-1745), oggetto recente di una monografia e di un importante contributo riguardo la presenza di suoi dipinti in Croazia.Seguendo le parole dello Zanetti e gli ultimi studi appena menzionati4, è possibile aggiungere nuove opere al corpus pittorico di questo interessante mediatore in laguna tra la cultura chiarista tardobarocca e le novità artistiche internazionali del XVIII secolo impersonificate, per usare un’altra espressione zanettiana, dalla “felicità paolesca” di Sebastiano Ricci. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

lunedì 7 maggio 2012

Aggiornamenti: LOMBARDIA | MOSTRE | EVENTI CULTURALI

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domenica 6 maggio 2012

I vetri di Paul Nicolas a firma D'Argental

Lampada champignon in vetro doppio, decoro floreale e foglie finemente inciso ad acido su fondo opalescente color miele, montatura in ottone. Firma in rilievo a cammeo D'Argental, 1924. Paul Nicolas, nato a Laval-sous Bruyères (1875-1952), fa il suo apprendistato alla manifattura Gallé fino a diventar protagonista sotto l'occhio vigile del maestro, che, verso il 1900, lo chiama, con il compagno Louis Hestaux, ad operare al suo stesso banco per l'elaborazione dei pezzi di maîtrise. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

sabato 5 maggio 2012

Come conservare e restaurare un dipinto e perché?

Questa è una domanda che a volte ci si pone guardando le pareti di casa, ma quali sono i veri motivi per restaurare e conservare bene un dipinto, soprattutto se non è visibilmente danneggiato? Dal momento che ognuno di noi ha almeno un quadro appeso in casa come dobbiamo procedere? Forse non tutti sanno che i dipinti su tela e su tavola, a modo loro "vivono" e si "muovono": sia la tela che il legno seguono le variazioni climatiche e dell’umidità in particolar modo. Possiamo verificarlo semplicemente. Per esempio provate a tastare un dipinto su tela quando fuori piove e lo sentirete piuttosto "allentato", nel senso che la tela, anziché essere ben tesa, come un tamburo, sul telaio di supporto sul quale viene inchiodata, sarà invece "molle", proprio per la presenza dell’umidità; mentre invece in inverno, se si aprono di meno le finestre e la casa è ben riscaldata il clima è molto più secco e il dipinto sarà più teso. Nessuna delle due condizioni citate è quella ideale per conservare bene un dipinto, ma dal momento che non possiamo vivere con un igrometro a portata di mano e ad una temperatura costante si consiglia di non appendere quadri di valore sopra a stufe, termosifoni e caminetti o di lasciarli in una stanza dove le finestre sono sempre aperte. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

TERRAFERMA, LAGUNA E PAESAGGI NELLA PITTURA VENETA DEL SETTECENTO

Francesco Guardi, Veduta lagunare, olio su tela 32,8 x 53,6 cm. Collezione privata. Porzione dell'antica Europa, che in ogni sua terra riflette millenni di storia, il paesaggio della Repubblica di Venezia si era venuto modellando attraverso una lenta e faticosa sedimentazione e una stratificazione del territorio che dalle lontane età paleovenete avevano formato nell'età moderna l'espressione visibile dell'anima di una civiltà singolarissima. Nei paesaggi collinari costellati di mura merlate e di città turrite, visibili sullo sfondo dei dipinti dei pittori veneziani verso la fine del Quattrocento (Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Vittore Carpaccio) si specchiava un sistema di potere politico basato essenzialmente sull'uso della forza come strumento di dominio sociale del signore feudale e come mezzo di difesa del territorio dalle scorrerie dei nemici. I contadini, rinserrati in misere abitazioni quasi prive di aperture, esercitavano una rudimentale imprenditorialità che consentiva loro di vivere adempiendo con naturalezza l'obbligo di pagare le gabelle al feudatario. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Leonor Fini (Buenos Aires 1908 - Parigi 1996)

Ho sempre pensato che il lembo di terra più adatto a raccogliere le spoglia di Leonor Fini avrebbe potuto essere la Recoleta di Buenos Aires anziché uno dei decorosi cimiteri parigini di Pére Lachaise o Montmartre o Montparnasse? In fondo non so dov’è sia stata sepolta. Perché proprio la Recoleta dove tra i ricchi faccendieri argentini e i militari è sepolta anche Evita Peron? Perché questo camposanto è molto argentino, ed è una sorta di misurato teatro a cielo aperto, nel teatro della città. E ci sono labirinti di stretti corridoi affiancati da sepolcri e da monumenti. Nelle tombe di famiglia, talvolta semiaperte, ossa e teschi che fanno bella mostra di sé. Vetri rotti, mazzi enormi di fiori secchi e pizzi ingialliti completano le macabre prospettive. Tutto ciò sarebbe piaciuto all’artista, avrebbe ispirato la sua anima. Inoltre, di lì a presso, distanti un niente dal memorabile, imponente cancello di ferro battuto della Recoleta, si possono trovare negozi di ogni tipo, discoteche, lussuosi alberghi, ristoranti e caffè di buona frequentazione.. Si possono anche incontrare gli esponenti più rappresentativi di tutti i vizi capitali. E ci sono i gatti e i cani che nei giorni di mercato respirano fumi di mariujana. Anche questo sarebbe piaciuto a Leonor. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Napoleone Martinuzzi scultore e creatore in vetreria

Grande anfora in vetro soffiato pulegoso verde, con due ampie anse che proseguono lungo il corpo a morisie. Fortemente iridata. Firma ad acido "Venini Murano". Lo scultore Napoleone Martinuzzi è una delle figure più eminenti delle vetrerie d'arte muranesi. Fu uno dei massimi designers attivi a Murano nel XX secolo; dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti di Venezia, seguendo il corso di scultura di Antonio Dal Zotto e la Scuola Libera del Nudo, entra nel gruppo secessionista di Ca' Pesaro, dove espone dal 1908. Lavora poi a Roma nello studio di Angelo Zanelli nel 1910-11, ed espone alla Secessione Romana nel 1914, ed ha un'intensa attività scultorea. Fu amico di Gabriele D'Annunzio e per lui realizza alcune opere e progetta un Mausoleo mai costruito. Espone alle più significative mostre nazionali e alle Biennali Veneziane. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

giovedì 3 maggio 2012

TOSCANA | MOSTRE | EVENTI CULTURALI

Mostre d'Arte in Toscana - In costante aggiornamento - Segui sulla rubrica "Mostre in Toscana"

UNA PROPOSTA DALMATA PER MATTIA BORTOLONI - Enrico Lucchese

MATTIA BORTOLONI, Sant'Antonio da Padova, san Girolamo, la Madonna e l'angelo Gabriele. Selve, collezione parrocchiale. Pubblicata nel 1992-93 da Radoslav Tomić con un'attribuzione a Giambattista Pittoni1, la pala con Sant'Antonio da Padova, san Girolamo, la Madonna e l'angelo Gabriele dell'isola di Selve in Dalmazia (fig. 1)2 è tornata protagonista, dopo il restauro a Zara, in un recente articolo3. Nel contributo di Višnja Bralić, dove si rivede tra l'altro la questione degli ovali di Santa Maria degli angeli a Lussingrande, viene ipotizzato con la corretta cautela che il dipinto proveniente dall'altar maggiore della chiesa di Sant'Antonio al porto di Selve sia stato eseguito da un altro maestro del Settecento veneziano, giustamente di rango non pari al troppo impegnativo Pittoni, ovvero Angelo Trevisani, riportando inoltre la tradizione che l'opera sia stata commissionata dalla locale famiglia Bujačić4. Augurandosi con la studiosa che una ricognizione archivistica possa aiutare le ricerche future su questo ennesimo capitolo degli scambi culturali anche nel XVIII secolo tra le sponde adriatiche, si vuole nel presente intervento proporre un nuovo nome per la pala dalmata, quello dell'estroso e a volte camaleontico Mattia Bortoloni. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Appunti sulla produzione festiva di Joseph Heintz il Giovane. Opere autografe e di bottega

Joseph Heintz il Giovane, La processione del Redentore. In ambito collezionistico europeo emergono con sempre maggiore frequenza dipinti riferiti a Joseph Heintz il giovane, che, alla luce degli studi più recenti, assumono un'importanza non irrilevante nella definizione della sua cosiddetta produzione festiva. Di quella parte cioè della sua variegata attività volta a cogliere gli aspetti più esteriori della società veneziana, espressi in massima misura durante importan­ti eventi celebrativi o nelle feste popolari. Se in precedenza qualche artista aveva già trasposto su grandi teleri certe significative cerimonie veneziane, fu Heintz il primo a commercializzarle impiegando supporti, le cui dimensioni ridotte rispondevano meglio alle esigenze di una committenza privata. Attivo a Venezia fino al 1678, anno della morte, l'artista tedesco dovette avvalersi, nel crescere degli anni, dell'ausilio della bottega per far fronte alle esigenze di un mercato sempre più sensibile alle sue timide e stravaganti vedute, in seguito considerate vere anticipazioni di quelle settecentesche. Le opere presentate in questa sede confermano l'esistenza di allievi che intervennero in alcuni dipinti e d'altri che ne continuarono la produzione, uti­lizzando tuttavia un idioma evidentemente diverso. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Uno stregozzo di Joseph Heintz il Giovane - Daniele D'Anza

Joseph Heintz il Giovane, Alchimista. Joseph Heintz il Giovane, pittore tedesco attivo a Venezia a partire dal 1625, è noto soprattutto come narratore di cerimonie o feste popolari. Pitture, cioè, pronte a cogliere con piglio divertito gli aspetti festivi della società veneziana del tempo. In questo senso la critica gli ha già riconosciuto il ruolo di anticipatore della veduta settecentesca veneziana. Tuttavia le fonti antiche, a partire dalla Carta del navegar pitoresco di Marco Boschini, edita a Venezia nel 1660, lo ricordano principalmente come autore di stregozzi, ovvero di quelle "stravaganze e bizarie / De chimere, de mostri, e d'animali, /De bestie, de baltresche, e cose tali / Trasformae, reformae da testa a pie?. Opere nelle quali comparivano "Astrologhi, Strigoni e Negromanti", e che il pittore tedesco concepiva sia in grande che in piccolo formato. Di tale produzione, sfortunatamente, si conoscono oggi solo pochi esempi. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Il viaggiatore illuminato - Marina Bressan

«La descrizione della terra ci porta alla conoscenza di Dio, il Creatore di ogni essere: quindi per la sua importanza merita una propria trattazione. È basilare e utile conoscere il mondo in cui viviamo. È spiacevole infatti e in alcuni casi vergognoso, quando si leggono giornali o libri di storia, o quando si apprende ciò che succede nella nostra quotidianità in merito a guerre, esplorazioni per terra e per mare, non sapere dove si trovano quei luoghi e di quali ricchezze sono dotati… La geografia è necessaria a tutti, per molti indispensabile. Un regnante deve necessariamente conoscere il suo territorio, quelli vicini e quelli lontani. Nessuno può essere valido uomo di stato senza conoscere la geografia. Come può aver cognizione dei punti di forza e di debolezza dei paesi del suo sovrano e dei regnanti con cui entra in contatto, se non ha letto alcun libro geografico-politico? … Come può il teologo comprendere e spiegare correttamente le Sacre Scritture, riconoscere l’opera divina attraverso il creato e rendere edotti gli altri, se non ha nozioni di geografia? Anche per il naturalista è indispensabile; il commerciante, i cui traffici coinvolgono paesi vicini e lontani, non può farne a meno. Al viaggiatore la geografia insegna le curiosità di un particolare Paese e luogo e gli suggerisce dove deve focalizzare la sua attenzione. A tutti gli altri uomini procura utile diletto.» LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Caterina Foschi dessinatrice - Pierre Rosenberg

On sait le double attachement de Pietro Zampetti pour l'art de la Vénitie et pour celui de ses chères Marches. Il a dédié à ces deux magnifiques régions d'Italie l'essentiel de ses travaux d'historien d'art, de ses recherches et de ses compétences organisatrices. Nous sommes heureux de lui présenter, à l'occasion de son quatre-vingt-dixième anniversaire, cette modeste note consacrée a une artiste a ce jour inconnue, d'un discret talent, mais en histoire de l'art rien ne doit être négligé. Qu'au nom d'une vieille amitié et d'un amour commun pour Venise et pour tant de ces petites capitales des Marches qu'il connaît si bien et auxquelles il est si profondément attaché, Pietro Zampetti veuille bien accepter ce chaleureux hommage d'un Parisien qui, durant de nombreuses années, a suivi avec un grand intérêt ses travaux si variés. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Un ritorno alla coscienza corrisponda a un ritorno di coscienza - Philippe Daverio

Edgar Degas, copia da Andrea Mantegna, Crocifissione, 1861 (dalla predella della pala di San Zeno di Verona). Tours, Musée des Beaux-Arts. Bizzarra e crudele è talvolta la sorte degli artisti di genio. Soprattutto di quelli, e gli artisti di genio appartengono quasi sempre al mucchio in questione, che hanno da vivi ottenuto il massimo successo e la più solida sanzione. Si tratta quasi di un percorso ineludibile. Chi diventa centrale, chi si fa pietra di scandalo, chi determina la mutazione del punto di vista e d'orientamento finisce necessariamente col far scuola anche se non ha avuto allievi, a far corrente anche se è stato sprovvisto di bottega. Ha stabilito un morfema del gusto, una cifra estetica. Successivamente, per naturale alternanza dialettica, il gusto cambia ancora, gli emuli vengono contraddetti da nuove menti rivoluzionarie e il maestro cade in una zona d'ombra che è assai vicina all'oblio. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Inediti di Alfonso Canciani

Succede molto spesso, purtroppo, che l'umidità di risalita, tipica degli ambienti costieri, causi gravi danni al patrimonio artistico. Il fenomeno della desolfatazione, che è il principale effetto dell'umidità, provoca infatti danni irreversibili al materiale lapideo, specie se ad alto contenuto di carbonato di calcio. A Venezia in questo modo sono andate perdute decine di statue, altari, vere da pozzo e quant'altro. Qualcosa del genere può succedere poi anche a opere di realizzazione relativamente recente, specie se all'umidità si aggiunge l'elevato dilavamento meteorico, causato dalla collocazione all'aperto. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

mercoledì 2 maggio 2012

Giovan Francesco Barbieri, il Guercino, e il tema del san Francesco in meditazione.

Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, San Francesco in atto di meditazione e preghiera, 1634. Collezione privata. Questo intervento trae motivo dall'incontro con un San Francesco in atto di meditazione e preghiera, di alta suggestione emotiva e caratura poetica, che a prima vista si dichiara opera della prima maturità di Giovan Francesco Barbieri, il Guercino: qualificandosi del più vivo interesse, oltre che per il suo intrinseco livello, perchè può dare avvio a una ragionata e comparata rivisitazione degli svolgimenti di tal tema, di frequente ricorrenti, nel percorso del maestro. Il dipinto, a olio su tela di cm 124 x 99, raffigura il santo a mezza figura, il capo coperto dal cappuccio, le mani incrociate sul petto, la sinistra reca ben visibile il segno delle stimmate, la destra sgrana un rosario; in primo piano gli strumenti della meditazione: un libro e un teschio; le labbra semischiuse e lo sguardo perduto, volto al cielo, suggeriscono il manifestarsi di uno stato spirituale che dalla meditazione trascende all'estasi mistica. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Pompeo Girolamo Batoni - Trionfo di Venezia, 1737.

Pompeo Girolamo Batoni, Trionfo di Venezia, 1737. L'assemblaggio allegorico ha del surreale. Il fondale scenico si svolge seguendo l'andamento degli aspetti emergenti dell'area marciana - fronte al bacino di San Marco -: da occidente a oriente, i Granai di Terraferma, la Zecca, il voltatesta della Libreria, le due colonne di San Teodoro e di San Marco sulla piazzetta, il Palazzo Ducale sulla snella, pittorica mole del quale svetta il campanile di San Marco; certo, siamo lontani dalla trasfigurazione poetica del reale propria del Canaletto; vien fatto di pensare piuttosto prima di lui e a lui non estranea, alla lucidità algida di Gaspar van Wittel; chiude la scena, a destra, una quinta di rovine antiche. Nel proscenio, 'di qua' del breve specchio d'acqua su cui indugiano rare gondole, si accampa l'affollato primo piano dell'allegoria. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

UN MESSALE ILLUSTRATO DA GIAMBATTISTA TIEPOLO

Missale Romanum ... , frontespizio, Venezia 1741. Rendendo noto nel 1994 il disegno giovanile di Giambattista Tiepolo raffigurante l'Annunciazione, conservato nel Museo Civico di Bassano del Grappa, ci si chiedeva se quell'invenzione, caratterizzata da una accurata finitura di tratto, non potesse, in qualche modo, collegarsi con l'editoria sacra del tempo. Il giovane pittore, si sa, era particolarmente legato ai Baglioni, tra i più affermati editori e librai dell'epoca, dalla fecondissima produzione sacra, al pari dei Pezzana, con i quali si erano imparentati. Se non sono ancora emersi contributi di Giambattista per l'editoria religiosa di queste due grandi famiglie, si possono invece documentare suoi rapporti con l'editore Andrea Poleti, il quale dava alle stampe nel 1741 l'ennesima edizione del Missale Romanun. Il volume è apparso alla mostra Gloria in Excelsis Deo. Immagini della Natività nelle incisioni dei grandi maestri dal XVI al XX secolo, curata da Stefano Liberati e allestita a Roma nel complesso di Santa Maria della Pace nel 1999. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Ritorno in villa Fracanzani

Filippo Maccari, Angelo da Campo, Decorazione del salone terreno. Ponso, villa Fracanzani. Nell'occasione di poter disporre della documentazione fotografica degli affreschi eseguiti da Filippo Maccari (Bologna 1725 - Verona 1800) e Angelo da Campo (Verona 1735 - 1826) in villa Fracanzani a Ponso, nel Padovano, credo utile ritornare su quel complesso per darne testimonianza visiva. Non fu possibile infatti includere delle illustrazioni di quel ciclo nel volume Gli affreschi nelle ville venete dal Seicento all'Ottocento, edito nel 1978 quale risultato della ricerca finanziata dal CNR presso la cattedra di Storia dell'arte moderna dell'Università di Padova e diretta da Rodolfo Pallucchini, causa la parziale collaborazione dell'allora proprietario della villa, il quale consentì soltanto la visita agli interni dell'edificio. Si ripropone pertanto, a esplicazione delle immagini, il testo della scheda relativa apparsa in quel volume, precisando che, nel frattempo, non sono emerse novità significative. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

DIPINTI INEDITI DI GASPARE DELLA VECCHIA IN ISTRIA

GASPARE DELLA VECCHIA, Scena biblica. Isola d'Istria, chiesa di San Mauro. Nel panorama artistico veneziano Gaspare della Vecchia (Venezia 1653-1735), o Vecchia, il maggiore dei quattro figli del ben più celebre Pietro, gode di una reputazione certo non molto elevata. Il suo ridottissimo catalogo era infatti sinora limitato alle sole tele con Scene della vita di Cristo nella chiesa della Beata Vergine Assunta di Buie, orgogliosamente firmate e datate "GASPAR PETRI VECCHIA FILII FACIAT VENETIIS AN. MDCCXI"1.. Una rivendicazione che, aldilà della semplice attestazione di un riconoscibile "marchio di fabbrica" ad uso e consumo dei committenti, avrebbe dovuto anche far rilevare una consonanza stilistica con i modi paterni, comune tra i molti figli d'arte veneziani. Già Pallucchini notava invece come un tale tipo di filiazione fosse in realtà ben poco presente, in virtù di un gusto ormai "diversamente orientato". LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

OPERE DI ZORAN MUSIC IN UNA COLLEZIONE TRIESTINA: RIFLESSIONI SUL SUO PERIODO ASTRATTO-INFORMALE

ZORAN MUSIC, Femmes dalmates, acquatinta. A Trieste, la collezione Zanei conserva un nutrito, e per certi versi eccezionale, numero di opere dell'artista goriziano Zoran Music: ivi troviamo prestigiosi dipinti a olio, rarissime grafiche, acquarelli, tecniche miste e numerosissimi disegni. Si tratta di una raccolta rappresentativa di tutte le tecniche e le tematiche praticate dall'artista, in parte già nota alla critica grazie ad alcune significative mostre personali, che nel corso degli anni sono state dedicate al pittore. Da quella tenutasi al Museo della Risiera di San Sabba a Trieste, dove si presentavano delle grafiche relative al ciclo Non siamo gli ultimi, alla mostra svoltasi al Museo Morandi di Bologna sugli acquarelli degli anni '40, fino alla più recente esposizione di disegni, quelli di piccolo formato, presso la Biblioteca Statale Isontina di Gorizia. Un corpus di opere dunque che ci permette di seguire e studiare l'evolversi di tutta la produzione artistica di Music, contraddistinta da alcuni avvenimenti che ne hanno accompagnato la vita. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

Andrea Pastò e la villeggiatura di Bagnoli

Andrea Pastò, Ritratto di gruppo della campagnia del teatro di Bagnoli nel salone di Villa Widmann. Collezione privata. La bellissima scena longhiana che ho qui il piacere di presentare, ritraente un folto gruppo di dame e signori disposti a semicerchio nel salone di un palazzo, costituisce un documento di grande interesse per l'immediatezza con cui narra lo svolgimento di un lungo pomeriggio estivo durante la villeggiatura, quando i signori si dilettavano in uno dei loro passatempi prediletti provando le parti di una commedia. L'uomo seduto a sinistra regge il copione da cui si deduce che la compagnia sta provando un lavoro il cui soggetto è "L'osteria d'Arle / chin grazioso / e vaga /Dove se ma / gna ben , e / no se paga // Prologo / L'allegria / Il buon tempo / La concordia / La ..../ L'abbondanza L'amicizia". LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO

I pittori d'Oltralpe e il "genere" paesaggio

Nel corso del XIX secolo le collezioni d'arte e le esposizioni di pittura accolsero una quantità sempre maggiore di dipinti raffiguranti paesaggi, tra cui numerosissimi, spesso di piccolo formato, erano i quadri di autori nordici. Non si trattava dei nomi della grande tradizione olandese e fiamminga che avevano dato avvio al paesaggio come genere autonomo ed indipendente, quanto piuttosto di una nutrita schiera di epigoni moltiplicatisi sotto la spinta delle nuove esigenze del mercato internazionale. È un principio assolutamente accademico quello per cui ogni nazione deve dare all'arte il suo contributo nei campi in cui è maggiormente dotata, ma già rinascimentale era l'idea che gli artisti del nord fossero maestri insuperabili nella pittura descrittiva. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO