mercoledì 29 febbraio 2012

martedì 28 febbraio 2012

CASE D'ASTA IN ITALIA

Elenco completo con indirizzo e numeri telefonici delle principali Case d'Asta in Italia. Leggi su Arte Ricerca

Le prime esposizioni triestine dell'Ottocento - Donata Levi

Tra i quattordici punti che Melchior Missirini elencava nel 1823 nelle sue Memorie sulla romana Accademia di San Luca per motivare l'opportunità, poi sfumata, di allestire una nuova e più ampia sala espositiva, i primi tre riguardavano i vantaggi che ne sarebbero venuti al mercato artistico: alla maggior opportunità di scelta per i compratori e a un ridimensionamento delle frodi dei negozianti, si sarebbe accompagnata la possibilità di eliminare intermediazioni, particolarmente onerose per gli artisti alle prime armi. Negli altri undici, l'accento cadeva su principi ideali, quali la democraticità dell'iniziativa - riconoscendo alle "arti" una naturale vocazione pubblica e popolare -, il beneficio che veniva agli artisti da un sano esercizio critico, il contributo al decoro e alla gloria dell'intera nazione, il suo valore per l'educazione civile ed artistica del pubblico1. Più di un ventennio dopo, nel 1847, Carlo D'Arco, illustratore di memorie mantovane e già autore di una biografia di Giulio Romano2, riferendosi alle esposizioni organizzate dalle Società promotrici - recentemente formatesi, sull'esempio dell'asburgica Trieste, in varie città italiane -, distingueva nettamente i due aspetti, "quello cioè che riguarda al materiale interesse che ne deriva agli artefici; e quello tutto morale che giovar dovrebbe alle arti"3. Mentre una tabella attestava gli introiti che queste esposizioni avevano portato agli artisti, assai deludenti apparivano i risultati "rispetto all'utilità morale" delle società e della loro principale e talora unica attività, quella espositiva. Come già aveva rilevato due anni prima Pietro Selvatico a proposito dell'esposizione fiorentina4, anche D'Arco lamentava la proliferazione de "l'arte di genere, i paesetti, le vedutine, le fiammingate" e la mancata adesione ai "bisogni spirituali dell'arte ed alla gloria vera della nazione", sottolineando che proprio queste nuove associazioni - le Promotrici - avevano finito per favorire economicamente "quegli artisti che, non ispirati dal genio non avrebbero trovato come spacciare altrimenti le meschine loro opere"5. Le esposizioni promosse da queste nuove associazioni, assai più di quelle di matrice accademica, mettevano a nudo le tendenze di una domanda di mercato volta a una produzione meno impegnata ideologicamente e più consona (quanto a dimensioni e soggetti) alla decorazione degli interni borghesi. Leggi tutto su Arte Ricerca

ARTE IN FRIULI ARTE A TRIESTE - Indici dei volumi 1-29 - a cura di Maria Walcher

L'operazione di schedatura dei volumi finora dati alle stampe, costituisce, a nostro avviso, un buon contributo all'aggiornamento della conoscenza della storia dell'arte tout court, e non solo di quella del Friuli e della Venezia Giulia. Ecco, pertanto, gli Indici in ordine cronologico, per autore e per soggetto: Leggi gli Indici su Arte Ricerca

lunedì 13 febbraio 2012

BAROVIER & TOSO - MURANO

Le origini della vetreria Barovier & Toso, sono da ricondursi al 1878, quando Benvenuto e Giuseppe Barovier fondano la F.lli Barovier. Poco dopo, la vetreria prese il nome di Artisti Barovier, producendo soffiati di tipo classico e oggetti di ispirazione Art Nouveau come in "Piume", ed utilizzando anche murrine policrome e tessere. Nel 1914, la Artisti Barovier partecipa alla Mostra dei Fiori a Palazzo Ducale. Durante la Prima Guerra Mondiale, la vetreria si trasferisce a Livorno, ed al suo ritorno a Murano, nel 1919, assume il nome di Vetreria Artistica Barovier & C. con a capo Ercole e Nicolò Barovier. La produzione di vasi a murrine si intensifica, su disegni di Vittorio Zecchin e Wolf Ferrari; vengono sperimentati nuovi connubi "ferro e vetro" con la collaborazione della ditta Cardin & Fontana di Venezia, presentati nel 1923 alla Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza. Nel 1926 Ercole Barovier assume definitivamente la direzione artistica dell'azienda, inventando tecniche di lavorazione che contribuiranno al rinnovamento dell'arte vetraria e con una produzione artistica di oltre 20.000 modelli. La nuova tecnica della "colorazione a caldo senza fusione", che utilizzando materie molto spesse, con inclusioni di varie sostanze, provoca delle reazioni policrome, porta alla realizzazione dei vetri "Primavera", una serie limitata esposta alla Biennale del 1930. Questa tecnica venne riutilizzata con varie modifiche, anche negli anni '50. Nel 1937, la vetreria partecipa all'Esposizione Internazionale di Parigi, ottenendo il Grand Prix. Leggi l'articolo completo su Arte Ricerca

Venini & C - Murano - Franco Deboni

La Venini & C., nasce nel 1925 dalla scissione della Cappellin-Venini & C. Alla sua guida, in qualità di direttore artistico troviamo lo scultore Napoleone Martinuzzi. In un primo tempo segue l'impostazione data da Vittorio Zecchin, ma ben presto se ne distacca elaborando uno stile originale, direttamente collegato alla sua esperienza di scultore del Novecento, che lo porterà ad una fama più ampia nel campo vetrario. Nel 1928 realizza i primi pezzi in vetro "pulegoso" materia resa quasi opaca dalla presenza di innumerevoli bolle d'aria ("puleghe") all'interno. I modelli sono vasi in vetro spesso con anse a grosse costolature, piante grasse, cardi e piante immaginarie. Alla Quadriennale di Roma del 1931, Venini presenta una serie di piante di dimensioni eccezionali molto apprezzate dal capo del regime. La collaborazione fra Martinuzzi e Venini ha termine nel 1932, quando il primo decide di aprire una propria fornace con l'ingegnere Francesco Zecchin. Alla fine degli anni '20, Franco Venini, fratello di Paolo, uscito dalla Bocconi, entra in fabbrica e acquisisce una quota della società, occupandosi principalmente del settore chimico, dedicandosi a ricerche nel campo dei colori. Suo è il "ricettario" della Venini, insieme di formule che permettono alla vetreria di avere a disposizione colori di grande qualità, differenti da tutti quelli usati a Murano e invano imitati dalla concorrenza. Ancora oggi la gamma cromatica, con minime variazioni dovute al passaggio dalla legna al gas metano, per la fusione del vetro, si basa su quei risultati. Franco Venini muore prematuramente nel 1948, stroncato da un male causato, probabilmente, da un prolungato contatto con sostanze tossiche. Per un certo periodo collabora con la vetreria l'architetto Tommaso Buzzi, nascono così nel 1932 i vetri "laguna" di colore rosa spruzzato cloro, nel 1932 i vetri "alga" di colore verde spruzzato d'oro e altri di chiara ispirazione novecentista, come la "Coppa delle mani". Nel 1932 inizia a lavorare per la Venini & C. Carlo Scarpa che, negli anni a venire, realizzerà la maggior parte dei modelli prodotti. A volte collabora in qualità di designer Paolo Venini, rendendo così difficoltosa l'esatta attribuzione delle singole linee. Su Domus vengono presentate le nuove produzioni, spesso in concomitanza con importanti mostre o esposizioni, stabilendo così, con una certa esattezza, la cronologia dei pezzi. Nel 1934 produce vetri a mezza "filigrana", i primi "sommersi" e i vetri "diamante", così definiti dalla rifrazione della luce provocata dalle doppie costolature della superficie. Nel 1936 esegue vasi in paste vitree che riprendono i motivi delle ceramiche cinesi.... Leggi l'articolo completo su Arte Ricerca

Mostre - Mostre Italia 2012

CONSULTATE: LE MOSTRE D'ARTE IN CORSO IN ITALIA CONSULTATE: LE MOSTRE MERCATO IN ITALIA CONSULTATE: I MERCATINI D'ANTIQUARIATO LEGGETE LE SEGNALAZIONI DEGLI EVENTI DEL GIORNO, INAUGURAZIONI MOSTRE, ANTEPRIME E COMUNICAZIONI, ALLA HOME PAGE : ARTE RICERCA

martedì 7 febbraio 2012

Santa Maria di Aquileia - Le origini - Giuseppe Franceschin

La fondazione dei primi monasteri benedettini femminili, come dei maschili, è generalmente attribuita a S. Benedetto (480-547). In realtà nella regola dettata dal santo abate non si trova alcuna allusione alle monache. Soltanto nei Dialoghi è nominata la sorella Scolastica come consacrata al Signore fin dalla giovinezza. Ciò tuttavia non autorizza a credere che essa vivesse in una comunità monastica. In ogni modo, non è detto che le comunità esistenti nel VI secolo fossero necessariamente ispirate alla regola di S. Benedetto. Dopo i disastri provocati dalle invasioni barbariche che non risparmiarono i monasteri, a partire dalla fine del VII secolo fino a tutto l' VIII, si moltiplicano le fondazioni, anche grazie alla generosità dei principi longobardi, convertiti al cristianesimo. Tra i friulani, si citano, l'abbazia di S. Michele di Cervignano e i monasteri femminili benedettini di S. Maria in Valle di Cividale e di Salt di Povoletto. Di quest'ultimo sono noti i fondatori, l'anno di fondazione (762) e le regole fondamentali: elezione dell'abbadessa con il consenso della comunità stabilità dell'abbadessa stessa, assoluta libertà sua e del convento nei confronti dei donatori; riconoscimento del diritto-dovere del patriarca nel confermare la superiora, nel proteggere il sacro cenobio e nell'intervenire nella vita conventuale, ma solo in caso di grave trascuratezza della regola (1). L'organizzazione interna dei monasteri benedettini femminili è molto simile a quella dei maschili. Le monache recitano di giorno e di notte l'ufficio divino, dedicano qualche tempo alla Lectio Divina; tessono, ricamano e trascrivono codici. In alcuni casi, assistono gli ammalati e viandanti nell'ospedale annesso e istruiscono le fanciulle. La guida spirituale e materiale del monastero è nelle mani dell'abbadessa che tiene ampi poteri discrezionali circa la pratica della regola. La vita monastica contempla una certa qual clausura, ma riguarda più gli estranei che le monache. Queste escono abbastanza di frequente dal chiostro per partecipare alle pubbliche processioni, per visitare chiese o per altre opere di carità e religione. Normalmente i monasteri sono soggetti alla visita e alla correzione del vescovo diocesano (2). Nell'anno 817 l'imperatore Ludovico il Pio ordina a tutti i monasteri del regno l'introduzione della regola benedettina, secondo gli statuti stabiliti ad Aquisgrana dal sinodo degli abati. Leggi l'articolo completo

Isola d'Istria (sec. XIV-XVI) - Giuseppe Franceschin

Nel 1340 il vescovo di Capodistria Marco Semitecolo, già canonico di Venezia, per sue successori rivendica la decima dell'olio di Isola: un diritto, a suo dire, contemplato dalla legislazione ecclesiastica comune e riconosciuto per antica consuetudine, anche se da diversi anni non onorato. Invitati ripetutamente a provvedere al versamento della decima con la minaccia della scomunica e interdetto, gli Isolani chiedono al vescovo l'immediata revoca dell'azione intentata in quanto assolutamente priva di fondamento e, comunque, non tale da giustificare una pena e una censura così grave. Quindi, vista inutile la loro richiesta, si appellano al patriarca, che delega il vicario generale Guidone vescovo di Concordia a dirimere la questione. Al processo che si tiene a Udine il 4.9.1341, il procuratore di Isola, Facino, esibisce uno scritto con il quale il comune, respinge con forza il monitorio del vescovo di Capodistria come infamante e pregiudizievole; ribadisce la legittimità del censo dovuto alla abbadessa, chiedendo che la corte condanni il vescovo al perpetuo silenzio. Il dovuto di ciò che si produce in Isola in olio, vino, frumento ed altro, spetta solo alla veneranda e onesta Signora Abadessa e al suo monastero. Un tanto è confermato da diversi sommi pontefici e da un'antica consuetudine. Il comune è tenuto ad onorare questi impegni solo verso di lei, sotto pena d'interdetto e di scomunica senza previa ammonizione canonica. Il padre e signor vescovo di Giustinopoli, con animo indurato, si rifiutò di revocare il processo e la sua lettera, che riteniamo nulli in quanto privi di ogni ragionevole motivazione. Chiediamo pertanto che con sentenza, sia imposto al vescovo Marco il perpetuo silenzio e che sia condannato al risarcimento delle spese. Le ragioni del vescovo, che non compaiono specificate nell'atto del processo, sono presentate da Silvestro, pievano del vico di S. Pietro. Alle arringhe, segue un vivace e lungo dibattito, con la partecipazione dei saggi, Agostino da Udine e il canonico Viviano da Polcenigo. Infine, ecco la sentenza: Invocato il nome di Cristo dal quale solo provengono i retti giudizi, sentenziamo che le ammonizioni e gli ordini del signor Vescovo sono da considerarsi ingiusti e contrari all'ordine del diritto e pertanto devono essere revocati. Da quanto prodotto in giudizio dalle parti, appare evidente che le decime dell'olio non sono di spettanza del vescovo, ma solo dell'abadessa. Imponiamo pertanto al vescovo Marco il perpetuo silenzio e lo condanniamo alle spese della causa che saranno successivamente stabilite (1). All'epoca, le rendite di Isola sono sensibilmente ridotte. Non sono pochi coloro che, contrariamente a quanto dichiarato al processo di Udine, evadono le decime e i censi dovuti al monastero. Contro di loro viene chiamato ad intervenire il decano di Aquileia Guglielmo, come conservatore dei beni del monastero e giudice delegato dalla Sede apostolica. Nel 1346, dopo una citazione in giudizio degli inadempienti, pronuncia una sentenza di condanna contro di loro che però non vale a ravvederli. In una successiva citazione succedono gli incredibili fatti di cui parla una carta del monastero. Leggi l'articolo completo

Isola d'Istria (sec. XI -XIII) - Giuseppe Franceschin

Isola d'Istria è una cittadina della Slovenia situata sulla costa, tra Capodistria e Pirano. Il centro storico è caratterizzato da strette calli in salita che trovano respiro nella piazzetta del duomo dei santi Mauro e Donato. Il nome deriva dal fatto che il luogo era effettivamente un'isola: caratteristica venuta a mancare nel primo '800 con la colmata del corso d'acqua che la separava dalla terraferma. Un tempo, Isola contava un paio di conventi e una dozzina di chiese. Attualmente se ne contano cinque, tra le quali l'antica battesimale di S. Maria. In epoca romana, Isola era chiamata Allieto ed era nota per il suo porto. Durante le invasioni barbariche fu uno dei rifugi per gli aquileiesi in fuga (1). Isola compare, per la prima volta nel 972, come luogo infeudato dall'imperatore Ottone I a Vitale Candiano, fratello del doge di Venezia. Successivamente (976) fu feudo del patriarca Rodoaldo e, come tale, confermato dall'imperatore Ottone II (2). Con l'atto di donazione del patriarca Popone del 1036, divenne uno dei possessi feudali del monastero delle benedettine di Aquileia: (...) et in comitatu Histriensi in loco qui vocatur Insula cum placitis et suffragiis et omnibus angariis publicis ad praedictam ecclesiam Sanctae Mariae pertinentibus (3). Le precisazioni contenute nel diploma poponiano non lasciano dubbi sul carattere feudale del possesso di Isola. Tale rapporto risulta inoltre da un documento del 1165 con il quale l'abbadessa Williberga col suo vicedomino, concede agli Isolani di trasferire l'abitato sul monte Albuciano, a condizione che resti assicurato da parte loro il censo di 100 orne di vino e mantenuto il diritto, l'onore e la giustizia. Il monastero da parte sua promette, aiuto, consiglio e difesa della proprietà sia in Isola come sul monte Albuciano. Una decina d'anni dopo, nella conferma del papa Alessandro III di data 27.4.1174, oltre ai censi e diritti feudali originari, risultano aggiunte, la cappella di S. Pietro di Isola con le sue decime e le decime già spettanti al vescovado di Capodistria. Leggi l'articolo completo

lunedì 6 febbraio 2012

Un tableau de Giambattista Crosato au Musée de Kiev - Arnauld Brejon de Lavergnée

Les musées d'Ukraine, Kiev, Kharkov, Odessa, Lviv, possèdent un grand nombre de tableaux italiens et français des XVII et XVIII siècle, malheureusement rarement répertoriés et publiés. Pour une découverte — le superbe L'argent versé, tableau de Georges de La Tour découvert à Lviv — combien de tableaux importants restent non étudiés. En obtenir des photographies n'est pas tâche aisée. Plusieurs projets sont nés des deux voyages que nous avons pu effectuer grâce à l'ambassade de France en Ukraine en 2001 puis 2002: une étude des principaux tableaux italiens conservés en Ukraine; une exposition à Kiev des plus beaux tableaux français XVII et XVIII siècle; une étude sur une Résurrection de Lazare de Sébastien Bourdon conservée à la Galerie des Beaux-Arts de Lviv. Mais ils ne pourront aboutir en raison de l'impossibilité d'obtenir des documents photographiques. Le futur historien de l'art qui prendra notre relais ne devra pas omettre de se rendre également dans les musées de Sébastopol Sumy, Poltava, Zhytomyr... Parmi ces musées, celui de Kiev est de loin le plus ambitieux et le mieux entretenu: une sorte de petite Wallace Collection en terre d'Ukraine. Les tableaux vénitiens conservés y sont nombreux, anonymes ou non (un Saint Jérôme de Renier; Joseph et la veuve de Putiphar de Gregorio Lazzarini; une belle copie de la Vision de saint Jérôme de Johann Lyss; une Vénus et trois amours de Pietro Liberi; une Vue de Venise de Michele Marieschi (?), une Femme tenant une cage, accompagnée d'un jeune homme, qui pourrait être de Lorenzo Tiepolo; un grand Saint Jean-Baptiste de Palma il Giovane; une Sacra Conversazione de Marco Palmezzano...). Parmi les oeuvres anonymes ou mal attribuées, une a plus particulièrement retenu notre attention: une Adoration des mages données de façon fallacieuse à Carlo Maratta;. Giuseppe Maria Pilo que nous remercions vivement, interrogé par nous, y a reconnu une oeuvre de Giambattista Crosato et nous a encouragé à la publier dans ces Mélanges. Le tableau, d'un beau format (il mesure 1,60 en largeur et 1,30 en hauteur) peut être rapproché à notre avis d'un Mort de saint Joseph (Monselice, église Santa Giustina), donné à Crosato par Mariuz, réetudié récemment par G. Pavanello. Lire le texte complet

Andrea Mantegna aux bords de Seine - Edmond Radar

Andrea Mantegna, Zuffa di dei marini. Roma, lstituto Nazionale per la Grafica *** Le Musée du Louvre, à Paris, a présenté en fin d'année 2008 une rétrospective de la peinture d'Andrea Mantegna, soit près de 190 oeuvres donnant à suivre une aventure créatrice aussi singulière que volontaire, très construite, qui n'est pas sans faire écho à nos propres préférences pour les oeuvres de rupture. C'est qu'il y allait, pour Mantegna, d'une certaine vision de l'homme; mais n'est-ce pas encore l'enjeu de notre aujourd'hui? Le passé est un horizon que nous donnons à notre présent et dont nous nous trouvons capables. Nous voici devant l'horizon déployé de Mantegna. En rêve d'orientation Le surgissement de l'oeuvre d'Andrea Mantegna au Quattrocento exprime une volonté d'individuation passionnée. C'est de toutes les puissances de son art de peindre — la science optique d'Alberti, le dessin incisif d'Uccello, le colorisme vénitien de Giambellini, le luminisme flamand d'Antonello da Messina, la scansion spatiale de Piero della Francesca, la sveltesse robuste de Donatello — qu'il dévoue à la célébration héroïque du type humain. 1453, Byzance tombe aux mains des Turcs. Il n'y aura plus désormais de présence politique de l'Empire romain, fûtelle symbolique, sinon par ces antiquités que la piété individuelle a sauvées du désastre. Tel est l'évènement qui clôt les années d'apprentissage de Mantegna, né en 1431, près de Padoue. Il avait, dès l'âge de 12 ans, fréquenté l'atelier de Squarcione, sculpteur d'après l'antique. A l'Occident désormais d'assumer dans la solitude, sur la lancée de Jérusalem, Athènes et Rome, une vision du monde qui accueille les énergies neuves du siècle. De là ces compositions conçues dans une tension exemplaire entre le tellus antique — il s'éprouve du pied à Padoue et à Florence — et une affirmation sans précédent des destinées individuelles. Lire le texte complet

PICASSO - Pablo Picasso a Parigi, 1900

Il primo viaggio a Parigi di Picasso Nel 1900, Picasso intraprende un primo viaggio a Parigi. Dopo una lunga notte trascorsa in uno scompartimento di terza classe, scende in una nebbiosa mattina d'autunno delle fine settembre alla stazione d'Orsay, si dice, abbigliato con grosse scarpe e un feltro da moschettiere in testa, trasportando un cavalletto, una tavolozza e una scatola di colori (in altri bozzetti compare vestito con un soprabito da cocchiere con il colletto rialzato). Non ancora diciannovenne, all'epoca, Pablo era attratto dallo stile dei preraffaelliti inglesi e dallo Jugendstil tedesco, e sovente aveva detto ad amici e conoscenti che un giovane artista doveva necessariamente soggiornare a Monaco e Londra. Aveva intrapreso il viaggio a Parigi per visitare l'Esposizione Universale, fortemente motivato dal fatto che una sua opera era stata scelta per essere esposta nel padiglione che rappresentava la Spagna.
*****Pablo Ruiz-Picasso, 1897, Scienza e Carità. Barcellona, Museo Picasso***** Il dipinto, che compariva nel catalogo della mostra con il N°79, dal titolo Gli ultimi momenti (Scienza e Carità), era stato dipinto tre anni prima, firmato Pablo Ruiz-Picasso, ed aveva già vinto un riconoscimento a Madrid. Il soggetto, rappresenta un medico mentre visita un malato alla presenza di una suora di carità che tiene un bimbo fra le braccia. Sembra che il padre don José avesse fatto da modello per il medico e la sorella Lola per la monaca. Pablo, che al tempo non parlava francese, aveva convinto due studenti ad accompagnarlo, Pallarès e Casagemas, anch'essi dell'Accademia di Belle Arti di Barcellona, anche contando sul fatto che i due, di famiglia benestante, avrebbero potuto contribuire alle spese. Durante questo primo soggiorno parigino, durato due mesi, Pablo si immerge nelle Gallerie d'arte, non disdegnando la sera i caffè bohemienne, i night-club e le sale da ballo di Montmartre. Proprio in quel quartiere Picasso ha trovato sistemazione, nell'atelier prestatogli dal pittore barcellonese Isidro Nonell, ed ha conosciuto Pedro Manyac, un mercante di quadri spagnolo stabilitosi a Parigi, con il quale si accorda per un salario di 150 franchi al mese in cambio della sua produzione di quadri, il che gli consente di fare fronte a tutte le spese.
*****Pablo Picasso, 1900, Le Moulin de la Galette.***** New York, Guggenhein Museum Dipinge Le Moulin de la Galette, il suo primo dipinto parigino, dove viene ripresa la vita notturna del famoso locale ricavato nel 1870 all'interno di un vecchio mulino a vento di Montmartre. Le Moulin de la Galette, ispirerà qualche anno più tardi, Charles Ziedler e Joseph Oller, alla realizzazione di un locale analogo, il Moulin Rouge nel quartiere a luci rosse di Pigalle, destinato a diventare famosissimo con il suo can-can. Nel dipinto, Picasso ritrae un ambiente dalla decadenza lussuriosa usando colori vivaci, molto più brillanti rispetto al passato, con uno stile ancora impressionista. Pablo ricalca un tema popolare ed amato, già percorso più volte da Degas, Manet e Toulouse-Lautrec, i cui dipinti dalla fine degli anni '80 e '90 ritraggono sovente locali notturni e case del piacere parigine, con i loro frequentatori. Picasso ritorna a Parigi nel maggio 1901, e in successivi più lunghi soggiorni, per trasferirvisi definitivamente nel 1904.

COSTRUTTIVISMO - 1913 - 2013 - Centenario di un Movimento

* * * * Vladimir Tatlin, Monumento alla Terza Internazionale, 1919 (Costruttivismo) * * * * *Il Costruttivismo (konstruktivizm), viene fondato da Vladimir Tatlin e da Aleksandr Michajlovič Rodčenko, nel 1913, si sarebbe tradotto in un programma politico in cui tutte le arti venivano indirizzate verso scopi sociali e spiccatamente nella pianificazione urbanistica. Malevic e Tatlin, che avevano stretto amicizia prima dell'inizio della Grande Guerra, nel febbraio del 1915 organizzarono una mostra a Pietroburgo dove esposero una ventina di opere ciascuno. Fu un sodalizio di breve durata: già nel dicembre dello stesso anno, in una successiva esposizione, le loro opere vennero presentate in due sezioni nettamente distinte, evidenziando la differenza ormai visibile delle rispettive ricerche. In seguito alla Rivoluzione del '17, artisti, poeti e scrittori finirono con l'organizzarsi in vari gruppi di tendenza, forti, nei primi anni, dell'appoggio del governo sovietico, solidale nei confronti dell'avanguardia. L'allora commissario all'Istruzione, Lunaciarskji, nutriva un forte interesse per l'arte moderna e si prodigò per incoraggiarla e diffonderla, così le opere degli innovatori, fino al 1927, apparvero in tutte le maggiori esposizioni ufficiali, in patria come all'estero. Tatlin e i suoi seguaci, dal canto loro, incitavano gli artisti a dedicarsi a un'attività direttamente utile alla società: pubblicità, architettura, produzione industriale (industrial design). Non tutti concordarono però con l'impostazione tatliniana. Il rifiuto delle "strutture inutili," la negazione dell'arte come pura attività estetica, non piaceva al gruppo di costruttivisti al quale afferivano i fratelli Gabo e Pevsner. In quei tempi molto si discuteva sul futuro dell'arte, da parte di pittori, letterati, critici e filosofi, durante incontri fissati presso l'Istituto d'Arte e mestieri di Mosca, dove alcuni di questi insegnavano. Tatlin, verso il 1914, dopo aver definitivamente abbandonato i suoi legami col cubismo, rifiutò la relazione soggetto-oggetto, affermando che l'opera d'arte era di per se "oggetto" autonomo (nel 1919 realizzerà il suo progetto per il Monumento alla Terza Internazionale). Le sue idee influenzarono molti giovani artisti, come El Lissitzky (architetto, pittore, grafico e teorico del movimento), il quale svolse anche un'intensa attività di relazioni, in continuo rapporto соn Gropius, Mies, van Doesburg. Costui, assieme agli altri architetti del gruppo Asnova (Ladovsky, Melnikov, Vesnin, Golosov), vedeva l'architettura russa come immagine-simbolo di una società socialista autocostituita, e che trovava forma nel geometrismo. Vennero intraprese soluzioni formali innovative e audaci, come le strutture portanti in vista, tralicci metallici, saldature evidenziate di proposito, per ottenere dinamismo e simbolismo, superando i canoni borghesi dell'arte celebrativa e rappresentativa. Nonostante il costruttivismo non avesse incontrato in Russia un consenso generale, ebbe molti proseliti sia in patria che all'estero, tra pittori, scultori, designer e architetti, tra i quali Vladimir Majakovsky, John Ernest, Walter Dexel, Günter Fruhtrunk, Don Gummer, Erwin Hauer, Kurt Schwitters, Ivan Leonidov, Verena Loewensberg, Richard Paul Lohse, Peter Lowe, Theo Constanté, Alexander Viesnin, Aleksandra Exter, Olga Rosanova, Barbara Stepanova, Estuardo Maldonado, Kenneth Martin, Konstantin Melnikov, Liubov Popova, Josef Müller Brockmann, Victor Pasmore, Oskar Schlemmer, Ella Bergmann Michel, Varvara Stepanova, Vasiliy Yermilov, Nadiežda Udalzova (moglie di Malevic), Oswaldo Viteri, Naum Gabo, Ivan Puni, Antoine Pevsner e l'italo-jugoslavo August Černigoj. Molti di questi artisti, con Malevic, presenziarono nel 1924 alla Biennale di Venezia. Nell'Europa occidentale, il successo della straordinaria fioritura architettonica russa comincia comunque nel 1925, quando il padiglione sovietico di Melnikov (rettangolare a struttura lignea, tagliato diagonalmente), ottiene il Gran Premio all'Esposizione Internazionale di Parigi. Nel 1930 al concorso bandito per il Teatro statale di Charkow e реr il Palazzo dei Soviet di Mosса, partecipano i grandi nomi dell'architettura moderna europea. L'architettura mondiale, così, è ormai sul punto di riconoscere in quella sovietica una guida per il futuro, ma ecco che il Regime decide di opporsi all'arte della rivoluzione, controllandone e convogliandone le attività verso l'intransigente retorica del "realismo socialista". L'Associazione Architetti Proletari fu pure propensa ad un ritorno alle fonti tradizionali, ritenute più comprensibili dalle masse, e progressivamente si ripiegò su posizioni meno audaci. In Italia e Jugoslavia il movimento costruttivista viene capeggiato da August Cernigoj, il quale era entrato in contatto con esso durante i suoi soggiorni di studio all'Accademia di Monaco e al Bauhaus di Weimar. Il suo maestro Moholy Nagy sarà per lui il tramite diretto con il Costruttivismo russo, oltre che lo stimolo ad organizzare, nel 1925, al Padiglione Jakopic di Lubiana, una mostra didattica sullo sviluppo storico delle varie tendenze artistiche fino alle teorie costruttiviste. A Trieste, ancora nel '25, Cernigoj fondò in sodalizio con Emilio Dolfi e Giorgio Carmelich la "Scuola di Attività Moderna", e il "Gruppo Costruttivista Triestino", a cui aderirono Edvard Stepancic, Ivan Poliak, Zorko Lah, Ivan Vlah e Thea Cernigoj. Il Gruppo, nel 1927, presentò la "Sala Costruttivista" all'interno della I Esposizione del Sindacato di Belle Arti, al Padiglione del Giardino Pubblico di Trieste. Leggi l'articolo completo

COSTRUTTIVISMO - La Sala Costruttivista di Augusto Černigoj

***Sala Costruttivista, Trieste 1927 (ricostruzione Piero Conestabo, 1991)*** Il ruolo che Černigoj svolse, nella sua instancabile attività di promotore, sempre pronto a sottolineare l'internazionalismo piuttosto che il regionalismo, consentì agli artisti jugoslavi e triestini di essere partecipi delle attività svolte dai grandi movimenti d'avanguardia, nell'Europa centrale e orientale, a cavallo tra le due guerre. Negli anni Venti, Augusto Černigoj si reca a Monaco di Baviera, dove studia con Guntal-Becher, poi, al Bauhaus di Weimar è allievo di Gropius, Kandinskij e Moholy-Nagy.
***A. Černigoj, Autoritratto, 1924. Galleria Černigoj, Lipizza*** E' in questi ambienti che Cernigoj entra in contatto con le Avanguardie e con il Costruttivismo russo. Sarà proprio Moholy-Nagy il diretto contatto tra l'artista e questo movimento, a cui egli aderirà con totale convinzione. Completati gli studi, Černigoj si stabilisce a Lubiana, ottenendo cattedra presso la Scuola Tecnica Secondaria (1923-1925). Frequenta Srecko Kosovel, poeta sloveno con il quale realizzerà nel 1924 (15-25 agosto), una prima mostra costruttivista, in cui presenta "Counter Relief", mostrando una chiara deferenza alle opere di Tatlin. Per la mostra crea i modelli "Wien KOLIN" e "KLINIKA" progettati come una sintesi di elementi architettonici. Riprodotti nel 1978, oggi sono visibili nel museo Černigoj di Lipica. Nel 1925, sempre a Lubiana, allestisce al Padiglione Jakopic un'altra mostra - a scopo didattico - con una rappresentazione delle varie tendenze artistiche, per giungere alle teorie costruttiviste. A Trieste, nello stesso anno fonda in sodalizio con Emilio Dolfi e Giorgio Carmelich la "Scuola di Attività Moderna". Sempre nello stesso 1925 fonda il "Gruppo Costruttivista Triestino", a cui aderirono Edvard Stepancic, Ivan Poliak, Zorko Lah, Ivan Vlah e Thea Cernigoj. Il Gruppo, nel 1927, presenta la "Sala Costruttivista", ispirata al Prounenraum, esposto da El Lissitzy alla "Grosse Kunstasstellung di Berlino" (1923). La mostra si tiene all'interno della "Prima Esposizione del Sindacato di Belle Arti" (già Circolo Artistico di Trieste), al Padiglione del Giardino Pubblico di Trieste (una ricostruzione della "Sala costruttivista", verrà realizzata nel '91 in occasione della mostra "Il mito sottile", presso il Museo Revoltella di Trieste. Alla realizzazione, nel '27, collaborano Giorgio Carmelich, Edoardo Stepancich e Giuseppe Vlah - il manifesto del movimento è firmato dallo stesso Cernigoj. Tratto da "Augusto Cernigoj e il Costruttivismo"

AMEDEO MODIGLIANI - Cubismo e Scultura

- - - A. Modigliani, Testa, 1910-12 pietra calcarea, h. 64. Christie's Parigi, aggiudicata il 14 giugno 2010 per 38,5 milioni di euro. - - - Tra gli artisti italiani, Amedeo Modigliani, è certamente quello che più è stato a contatto con i grandi protagonisti del cubismo. Arrivato a Parigi nel febbraio 1906, conosce e frequenta Picasso e Braque; incontra Brancusi alla Cité Faulguière a Montparnasse e con lui ha lunghe discussioni che lo fanno interessare maggiormente alla scultura, di cui aveva già subito l'incanto ai tempi degli studi a Venezia. Spesso si reca nell'atelier parigino di questi, per scolpire assieme a lui - nasce l'amicizia; nel 1909 Modigliani invita Brancusi a trascorrere le vacanze estive nella sua casa di Livorno. Avendo sofferto nel 1901, di seri problemi polmonari, il dottor Alexandre sconsiglia Modigliani di lavorare il marmo bianco, le cui fini polveri gli avrebbero potuto arrecare danno ai polmoni - l'artista si dedicherà alla pietra arenaria, disdegnando invece argilla e gesso. Le sue Teste, realizzate prevalentemente tra il 1910 e il 1913 (dopo il 1914 abbandonerà la scultura per la sua pittura), e la serie delle Cariatidi, si ispirano all'antico Egitto, alla Grecia arcaica e alla scultura africana. Attualmente, le opere scultoree assegnateli sono 25, di cui 24 teste femminili, 1 nudo in piedi (tutte in pietra) e un'opera scolpita in legno. tratto da Arte Ricerca " La Scultura Cubista "

domenica 5 febbraio 2012

GIOVANNI BOLDINI - Ritratto di Giuseppe Verdi

- - - G.B. Ritratto di Giuseppe Verdi, 1886. Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma. - - - Dal 1880 Giovanni Boldini intensifica la produzione di pastelli. Nel 1885 si reca a Nizza e poi a Firenze, ospite di Banti. Nell'aprile del 1886, nella sua nuova dimora in boulevars Berthier (già studio dei pittori Alfred Stevens e John Sargent), Giuseppe Verdi è ritratto nel celebre pastello. ...la sera del 5 febbraio 1877, alla Scala di Milano, presenzia alla 'prima' dell' Otello di Verdi, ricevendo dal maestro lo spartito dell'opera con una calorosa dedica. (E. Camesasca, 1970)
- - - Giovanni Boldini, Ritratto di John Singer Sargent, 1890 c/a. - - - Da questo momento Boldini diverrà il massimo rappresentante del ritratto d'epoca, mondano o di rappresentanza, superando per successo molti altri pittori quali Stevens, Sargent, Lenbach, Lazlò, Fortuny, Lavery, Zuloaga, Blanche, Besnard, Orpen, dediti tutti ad immortalare la bella società. Leggi l'articolo completo su Arte Ricerca

venerdì 3 febbraio 2012

Apollinaire (Roma, 25 agosto 1880 – Parigi, 9 novembre 1918)

__ Marie Laurencin, Apollinaire e i suoi amici, 1909. Parigi, Museo Nazionale Picasso __ «Affascinante, colto, artista, e gran poeta.., di una sensibilità non direi raffinata ma fresca, infantile, aveva un grande fascino. Paradossale, teatrale, enfatico, semplice e ingenuo a un tempo», scrisse di lui la Olivier. Su di lui così si espresse Jean Metzinger: «La sua conversazione era un incanto. Le sue frasi più quotidiane testimoniavano delle doti che erano l'essenza stessa della poesia e di cui gli imitatori in seguito fecero un sistema». Tutto questo contrastava abbastanza con il suo aspetto disordinato, i suoi vecchi abiti dalle tasche sformate dai manoscritti, la poca pulizia, la golosità eccessiva e una buona dose di avarizia. Fu Picasso a fargli incontrare la pittrice e scultrice Marie Laurencin, una ragazza magra e ossuta, dall'espressione vivace e spiritosa, conosciuta quando lei lavorava con Braque all'Accademia Humbert, e a cui Apollinaire dedicherà alcune tenere poesie. Copiosissima la produzione letteraria di Apollinaire: La Chanson du mal aimé, 1904 (ispirata dalla storia d'amore con la governante Annie Playden); Le prodezze d'un giovane Don Giovanni, 1905; Le undicimila verghe (Les Onze Mille Verges), 1907; La Phalange nouvelle, 1909; L'Œuvre du Marquis de Sade, 1909; Les Poèmes de l'année, 1909; Les Poètes d'aujourd'hui, 1909; L'Enchanteur pourrissant (L'incantatore imputridito), 1909; L'Hérésiarque et Cie, (L'eresiarca e compagnia) 1910; Le Théâtre italien, (Il Teatro italiano) 1910; Le Bestiaire ou cortège d'Orphée (Bestiario o il corteggio di Ofeo), 1911; Les Exploits d'un jeune Don Juan, 1911. Nel 1912 realizza Pages d'histoire, chronique des grands siècles de France; dell'anno seguente è il suo capolavoro, Alcools, una raccolta di cinquanta poesie, in vena malinconica, scritte tra il 1898 e il 1912 ed ispirate ai temi del Simbolismo. A seguire: La Peinture moderne, 1913; e il sopracitato Les Peintres cubistes (I pittori cubisti), in cui rievoca la nascita del movimento e ne delinea gli aspetti principali (1913). Nel 1915 è la volta di La Fin de Babylone e Les Trois Don Juan - Histoire romanesque - fonda e dirige alcune riviste ("Le festin d'Esope" e "Les soirées de Paris"). Contribuisce alla divulgazione del Cubismo, ne diviene il teorico del movimento, negli anni a seguire, il poeta avrà un ruolo primario anche nella diffusione della pittura fauve, del Futurismo, del Surrealismo e della Metafisica di De Chirico. Sulle orme di Alcools, realizza Calligrammes, poèmes de la paix et de la guerre 1913-1916 (poesie composte dal 1913 al 1916), pubblicato nel 1918, altro capolavoro, destinato a segnare profondamente la letteratura francese. Del 1916 è Il poeta assassinato (Le Poète assassiné), racconti che si ispirano alle sue esperienze sul fronte francese. L'anno seguente compone La Bréhatine; Les mammelles de Thyrésia (Le mammelle di Tiresia) una commedia musicata da Birot e Vitam impendere amori; nel 1918 Le Flâneur des deux rives (Il vagabondo delle due rive) e Couleurs du temps (Colori del tempo). Numerosi inediti sono stati pubblicati dopo la sua morte: La Poésie symboliste (1919); La Femme assise (1920); Il y a.... (1925); Anecdotiques (1926); Les Épingles (1928); Contemporains pittoresques (1928); L'Esprit nouveau et les Poètes (1946); Ombre de mon amour (1947); Lettres à sa marraine 1915–1918 (1948); Couleur du temps (1949); Poèmes secrets à Madeleine (1949); Que faire? (1950); Tendre comme le souvenir, lettres à Madeleine Pagès (1952); Le Guetteur mélancolique (1952); Textes inédits (1952); Casanova, comédie parodique (1952); Poèmes à Lou (1956); Chroniques d'arts 1902-1918 (1960); Petites merveilles du quotidien (1979); Petites flaneries d'art (1980); Soldes (1985); Journal intime 1898-1918 (1991). Leggi l'articolo completo su Arte Ricerca

I Mobili di Emile Gallé - l'Ebanisteria - Franco Borga

A seguito degli sviluppi del suo lavoro, Emile Gallé, nel 1885 fa costruire nuovi ateliers in quella che è la vasta residenza familiare "La Garenne", ed ha avvio all'ebanisteria. In questa disciplina, in nome del maestro, si inserisce fra le grandi firme di fine secolo, quelle di Hector Guimard (1867-1942) e degli amici e concittadini Louis Majorelle (1859-1926) e Eugène Vallin (1856-1922). Ignorando le copie dei vari "Luigi" che abbondavano sul mercato in quegli anni, Gallé riporta in auge la dimenticata marqueterie e ne fa il punto massimo della sua espressione estetica. Affascinato dai contrasti del legno, oltre ai nostrani pero, rovere, faggio, noce, robinia e frassino, utilizza più di seicento essenze rare; gli occhi dei placcaggi, le associazioni dei legni esotici dell'India e d'America, danno all'opera in ebanisteria un ruolo di preziosità. Tratta i legni come se fossero colori: superfici piane, porte e plateaus assumono l'aspetto di un quadro in cui spiccano intarsi floreali con libellule, farfalle, rondini, funghi, paesaggi e il mondo acquatico. Nei mobili più importanti, i montanti e le traverse sono percorse da motivi vegetali scolpiti: felci, spighe di grano, ombrellifere, altri da sinuose modanature; alle composizioni naturalistiche, ne affianca di ispirazione giapponese, in cui a volte la firma è stilizzata secondo il gusto nipponico. Leggi l'articolo completo su Arte Ricerca

giovedì 2 febbraio 2012

IL “MECENATISMO” DEI CONIUGI ARENSBERG - Federica Maria Dolores Taverna

Louise e Walter Arensberg con Marcel Duchamp Walter e Louise Arensberg rappresentano due personaggi-chiave nella diffusione delle ideologie e nel sostegno alle attività delle avanguardie artistiche negli Stati Uniti durante il XX secolo. Uomo imprevedibile, particolare, brillante, Walter Arensberg nasce nel 1878 a Pittsburg, in Pennsylvania. Primogenito di Conrad Arensberg, proprietario di una società siderurgica e della sua seconda moglie Flora Belle, Walter impara il violino e fin dal liceo mostra interesse per la letteratura. Dopo il diploma viene ammesso alla Harvard University per continuare gli studi. Appena laureato parte per l’Europa dove trascorre circa due anni, soggiornando in Germania e soprattutto in Italia, dove si dedica alla traduzione delle opere di Dante in inglese. Nel 1903 ritorna ad Harvard per specializzarsi ma non completa gli studi e si trasferisce a New York dove lavora come reporter dal 1904 al 1906. Louise Stevens nasce nel 1879 a Dresda, in Germania. Nel 1882 Louise si trasferisce con la famiglia a Ludlow, nel Massachussets, dove il padre lavora nel commercio tessile e accumula un’immensa fortuna, utilizzata successivamente dalla figlia per finanziare la collezione d’arte formata insieme al marito. Anche Louise studia musica ma, essendo una donna abbastanza timida e riservata, non suonerà mai per professione. Leggi l'articolo completo su Arte Ricerca

mercoledì 1 febbraio 2012

CONSULENZE - STIME - EXPERTISE

Indicazioni e stime su mobili, dipinti, ceramiche, porcellane, vetri artistici, sculture... Consulenze per il restauro. Ricerche scientifiche di opere d’arte: di un determinato artista, pittore, scultore e incisore di qualunque epoca. Valutazioni di interi lasciti ereditari. Consigli all'acquisto e vendita. Un pool di esperti del settore, composto da storici dell’arte, studiosi e specialisti di mercato è in grado di eseguire Certificazioni, Ricerche, Perizie, Valutazioni di opere d’arte e beni culturali (rilevate dai più recenti esiti di vendita dal mercato nazionale e internazionale), per conto di privati, società, istituti ed enti pubblici (per fini assicurativi, d’investimento o di collezionismo). Servizi offerti da Arte Ricerca

Animali di Vetro (Murano) - Franco Deboni

Anche se le origini dell’arte vetraria sono tuttora incerte, comunemente si fa risalire a circa tremila anni prima dell’era di cristiana con i primi rudimentali manufatti rinvenuti in Mesopotamia. Figure fuse a stampo, colorate con ossidi metallici, erano conosciute in Egitto circa 2500 anni prima di Cristo. Questi manufatti, considerati più preziosi di oro e gioielli, venivano usati come ornamento dalla nobiltà egiziana. Nel corso dei secoli seguenti le tecniche divennero sempre più sofisticate e la conoscenza del vetro andò via via diffondendosi nel bacino del Mediterraneo, finché Alessandria d’Egitto, verso il terzo secolo a. C. divenne il centro più importante per la manifattura vetraria. Il perché gli artisti del vetro abbiano da sempre nutrito questa sorta di predilezione per il mondo animale come fonte di ispirazione, non ci è dato di sapere con precisione: certo ci dobbiamo immaginare che fossero mossi da una particolare passione o ammirazione per questo o quell’animale, a volte forse spinti da motivazioni religiose o scaramantiche. Anche nel nostro paese gli animali sono fonte di ispirazione sin dall’antichità: forse il primo manufatto vetrario conosciuto, di soggetto animale, è una piccola figura di topo, attribuibile ad epoca romana, conservata presso il Museo Vetrario di Murano. Ma tornando a Venezia e ai suoi maestri vetrai, ricordiamo che già nel XVI e XVII secolo sorse in uso l’abitudine di soffiare dei lumi ad olio in forma di cavalli con il corpo e le zampe in vetro incolore, e a volte alcuni dettagli in vetro blu. In seguito fu soprattutto durante il XVIII e XIX secolo che i vetrai si ispirarono ripetutamente al mondo animale, più spesso ricorrendo a figure fantastiche, quali draghi e grifoni, realizzati in paste policrome, vetro “avventurina”, inclusioni d’oro e argento, che miravano ad impreziosire questi manufatti, già di per sé particolarmente complessi ed elaborati da un punto di vista esecutivo. In questo genere di produzioni si distinse particolarmente la vetreria Salviati, presente alle principali esposizioni internazionali sin dalla metà dell’Ottocento, dove ottenne sempre i massimi riconoscimenti per la straordinaria qualità degli oggetti proposti. Ma fu soltanto nel ventesimo secolo, il periodo preso da noi in considerazione relativamente a questa collezione, che i maestri vetrai muranesi seppero raggiungere un livello creativo, artistico e qualitativo mai eguagliato da nessun’altra manifattura vetraria di altro paese, sia per la varietà dei soggetti animali proposti, sia per la ricchezza dei colori e per la quantità di tecniche diverse utilizzate.
E’ verso la fine degli anni Venti che le grandi firme dell’arte vetraria muranese iniziarono a produrre straordinarie figurine in vetro soffiato, traendo soggetti dalla fauna di tutto il mondo. Ercole Barovier fu tra i primi, e le sue produzioni fecero bella mostra di sé alle più importanti esposizioni internazionali. La produzione di Barovier fu ricca di soggetti animali, i più svariati, eseguiti con molteplici tecniche, ma il suo capolavoro rimase il celebre piccione “Primavera”, presentato alla XVII Biennale di Venezia, nel 1930, oggetto questo ormai assunto quasi a simbolo di tutta la nuova produzione vetraria muranese del ventesimo secolo... Leggi l'intero articolo su Arte Ricerca