sabato 27 aprile 2013

BUDDHISMO tra ARTE e CULTO

Nascita del Buddhismo
Il Buddhismo o Buddismo, nasce in India nel VI secolo a.C. (datazione controversa), traendo origine dagli insegnamenti di Siddhartha Gautama, e si basa fondamentalmente sulle Quattro nobili Verità e sull'Ottuplice Sentiero. Più in generale, il termine Buddhismo comprende anche l'insieme di tradizioni, pratiche e tecniche spirituali e devozionali che si sono evolute nei secoli successivi (dall'Hīnayāna al Mahāyāna, poi al Vajrayāna o tantrismo), nel Sud-est asiatico e in Estremo Oriente, dalle differenti interpretazioni dell'insegnamento originario ed assorbendo in sé parecchi elementi induisti (brahmanici, shivaiti, visnuiti, ecc.). Corea 400-300 a.C. Nepal: 400-300 a.C. Ceylon: 200-100 a.C. Asia centrale: 200-100 a.C. Cina: 100 a.C. Indonesia: 400-500 d.C. Siam: 600-700 d.C. Giappone: 500-600 d.C. Tibet: 600-700 d.C. Birmania: 800-900 d.C. Mongolia: 1500-1600 d.C. Il Buddhismo si è diffuso in molti paesi dell'Asia centrale a nord, la Cina, la Corea e il Giappone a est, l'Indocina e l'Indonesia a sud-est, determinando una considerevole unificazione spirituale. Secondo le circostanze storiche di un dato periodo o di una data regione, in questi paesi stranieri il buddhismo ha preso forme differenti, dovute anche all'inevitabile fusione con determinati elementi indigeni, tipici dei paesi che li accoglievano e li assimilavano. Tali trasformazioni o deformazioni della forma «originaria», con elementi del paese straniero, sarebbe in parte dovuta a cattive letture dei testi, al suo carattere tardivo o popolare, o alla necessità di accordare l'insegnamento del Buddha con forme tradizionali locali troppo radicate. Ogni rappresentazione, ogni insegnamento orale o scritto, subisce inevitabili trasformazioni con il tramandarsi da una generazione all'altra, con il mutare delle mode rappresentative, dal migrare da un paese a quelli vicini. Trovandoci al cospetto di un insegnamento vecchio decine di secoli, in qualsivoglia periodo intermedio è stata possibile la riscoperta di tratti e personaggi ormai desueti, stimolando sostituzioni, sovrapposizioni, amalgame e collegamenti, anche senza una preservazione della provenienza geografica o del contesto culturale. Queste trasformazioni costringono ad una triplice classificazione: cronologica (per epoche); geografica (per paesi); sociologica (per ambienti, scuole, ecc.). Con la morte del Buddha, avvenuta attorno al 478 a. C. (sempre secondo la maggior parte delle fonti), il Buddhismo varca i confini dell'India per mezzo di monaci itineranti che ne divulgano gli insegnamenti e fondano monasteri. Aśoka (Ashoka) Moriya il Grande (Pataliputra, 300 a.C. – 230 a.C. ca.) sovrano dell'impero Maurya (comprendeva l'odierno Afghanistan, parte della Persia, Bengala e Assam, dopo essersi convertito al Buddhismo ne sostenne la diffusione, instaurando il regno del "Dharma", "la Legge". Il sovrano riprende antiche concezioni di un ordine cosmico che deve necessariamente ritrovare un corrispondente ordine morale sulla terra, quale espressione di una norma universale. Il Buddhismo, legittimato dal potere di stato, acquista maggior capacità di espansione. Mahinda, figlio di Aśoka, per volere del padre, si recherà nello Sri Lanka per tentare di convertire la gente del posto. La leggenda vuole, che Mahinda partito assieme ad altri missionari, portasse con sé delle reliquie, tra le quali la ciotola del Buddha e testi del canone buddhista. Gli eventi che seguirono l'arrivo di Mahinda e l'incontro con il re Devānampiya Tissa, rappresentano una delle leggende più importanti della storia dello Sri Lanka. Il re Devānampiya Tissa, secondo figlio di Mutasiva (re di Anuradhapura), uno dei primi governanti dello Sri Lanka, mise a disposizione dei monaci il monastero di Mahāmeghavana nella città di Anurādhapura, che in seguito divenne il monastero di Mahāvihāra. Successivamente Mahinda fondò a Mihintale il monastero di Cetiyagiri Vihāra. Mahinda, oltre ad aver introdotto il Buddhismo nello Sri Lanka, compreso l'ordine monastico femminile, vi apportò fondamentali elementi della cultura indiana, quali l'architettura e la letteratura. Altri missionari, al fine di diffondere il Buddhismo, verranno inviati nella zona dell'Himalaya, presso re greci, nel Gandhara e nel Kashmir. Il Buddhismo assunse quella forma che viene detta mahāyāna (grande veicolo), avviandosi alla conquista dell'Asia. Vengono divulgati nuovi testi in sanscrito ibrido (Edgerton), i quali, pur introducendo altri principi e orientamenti, vengono attribuiti al Buddha, "parola del Buddha". In un documento risalente ca. al 140 a.C, in cui si riassume il dialogo fra il monaco Nāgasena ed il re Milinda (Menandro), vi si ritrovano i nuovi principi fondamentali del Buddhismo dopo che questo abbiano trovato un adattamento al nuovo ambiente storico e culturale presso le popolazioni indo-greche. Sotto il regno di Kaniska (II secolo d.C.), favorevole al Buddhismo compare la prima raffigurazione del Buddha su una moneta. Sotto l'impero Gupta (320 d.C.), il Buddhismo continua a diffondersi, come si evince da documenti epigrafici: Kumāragupta I (414-455 ca.) fonda il Monastero di Nālandā, a cui farà seguito quattro secoli più tardi quello di Vikramasila. Questi due monasteri in particolare saranno di grande importanza per la diffusione del Buddhismo sia oltre l'Himālaya sia nell'India, dove i missionari introdurranno i motivi e gli ideali dell'arte Pāla e Sena. Dall'Asia centrale il Buddhismo arriva fino nella Cina nel primo secolo d.C.; fra il 150 ed il 180 un principe iraniano traduce alcuni testi dando vita alla comunità buddhistica di Lo yang. Con An-shih-kao iniziò un grande periodo di traduzione della letteratura buddhista, che vide un andirivieni di missionari e di pellegrini tra India e Asia centrale, con un intenso scambio culturale ed artistico. In Cina verranno adottati motivi artistici indiani e centro-asiatici, in India il Buddhismo assume caratteri cinesi; il fenomeno genera un grande rinnovamento filosofico, religioso ed artistico nella cultura dei due grandi paesi. Dalla Cina il Buddhismo si diffuse in Corea dal quarto secolo, ad opera di monaci giunti da Hsi-an-fu. Nel VI secolo, il Buddhismo approdò in Giappone, ai tempi dell'imperatrice Suiko (593-628), e si diffuse, convivendo con lo Shintoismo. Nel Tibet, il Buddhismo vi giunse tra il VII e l'VIII secolo, ma si diffuse a partire dall'XI secolo, sostituendosi quasi completamente alla religione dei Bön-po. Dal Tibet, il Buddhismo migrò in Mongolia ai tempi di Qūbilāy (1250-1370). Buddhismo e Induismo Nel Buddhismo la figura di Buddha è quella del Maestro, colui che indica la via, una guida, un uomo illuminato, non un dio. Una posizione che rimarrà immutata con il trascorrere dei secoli. Gli dei, seppur dotati di meravigliosi poteri, risultato di opere meritorie compiute nel passato, vengono concepiti come meno privilegiati rispetto all'uomo, per essere nell'ambizione e nell'intento di conseguire grandi gesta. Gesta, che seppur grandi, sono caduche, illusorie e che il tempo farà appassire, dimenticare. L'uomo, nella sua condizione di semplicità, può sperare di giungere allo stato di "nirvana", supremo bene. Il mahāyāna è ricco di molteplici forme divine, che simbolizzano il potere dell'Eterno infinito di generare e dissolvere dal vuoto "sūnyatā" (sanscrito, anche shunyata; Pali: suññatā), che si riferisce all'assenza di esistenza inerente in tutti i fenomeni, complementare al concetto buddista di non-sé. Nell'Induismo, gli dei hanno una loro personalità, poteri e carattere propri, e interagiscono con le forze della natura e con l'uomo. L'uomo, si pone nel rapporto con queste divinità in uno stato di inferiorità, di timoroso rispetto, le venera e le contempla, invocandone intercessioni e miracoli, fino ad ottenere la redenzione attraverso l’esercizio dell’ascesi (tapas). Il Buddha, pratica la via dell'ascesi vanamente, infine riconosce che non è quella la strada da intraprendere per il nirvana. Nulla deve ricercarsi fuori dall'uomo stesso, non ci sono forze a lui superiori; la vita è una lotta che si gioca in lui, fra il bene ed il male, lo spirito e la materia, le passioni materiali e l'estasi dello stato nirvanico. Nessun dio può essere di aiuto, nessun dio gli è superiore, l'uomo soltanto può trovare la strada che lo conduce alla liberazione, alla condizione di buddhità.
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