lunedì 16 marzo 2015

IL FIORE DI VENEZIA - dipinti dal Seicento all' Ottocento in collezioni private - a cura di Dario Succi.

Tre secoli di pittura veneta:, una raffinata scelta del gusto collezionistico internazionale. Mentre il collezionismo del Cinquecento era stato prevalentemente mirato alla costituzione di un gabinetto in cui riunire ed esporre, senza precisi criteri selettivi, reperti archeologici, antichità del mondo greco-romano, oggetti rari ed esotici, cammei e medaglie, nel corso del Seicento si sviluppa a Venezia, in maniera rapidamente crescente, la formazione di quadrerie collocate negli ambienti più rappresentativi del palazzo di famiglia. Ricoprire interamente le pareti del portego o del Cameron grande con dipinti dei maestri del Cinquecento costituiva, per il patriziato veneziano e la facoltosa borghesia emergente, un mezzo per affermare la qualità del proprio rango sociale. Affievolitasi la committenza statale, sono soprattutto i nuovi nobili ad assumere il ruolo di mecenati chiamando gli artisti più in voga a celebrare i fasti della famiglia con affreschi magniloquenti. Nel Settecento emergono figure di raffinati collezionisti e di finissimi conoscitori, da Zaccaria Sagredo (1653-1729), che aveva riunito una ricchissima collezione di disegni e di stampe, ad Anton Maria Zanetti il Vecchio (1680-1767) che, fine incisore lui stesso, seppe creare un fitta rete di relazioni con eminenti collezionisti europei, dal banchiere parigino Pierre Crozat ai conti di Carlisle che, nella splendida country house di Castle Howard, nello Yorkshire, erano riusciti a costituire - dopo quella di Joseph Smith - la più importante collezione europea di vedute veneziane del Settecento con quaranta splendidi dipinti di Canaletto, Bellotto, Marieschi e Cimaroli. Figura di rilievo tra gli intellettuali conoscitori, Francesco Algarotti (1712-1764) ricevette l 'incarico di redigere un ambizioso progetto per la costituenda Galleria dresdense di Augusto III, principe elettore di Sassonia e re di Polonia. Spettò a due facoltosi stranieri residenti a Venezia, Joseph Smith (1664 c.-1770) e Matthias von der Schulenburg (1661-1747) svolgere un ruolo protagonistico nel collezionismo veneziano del XVIII secolo. Il console inglese, principale patron di Canaletto, radunò nella residenza sul Canal Grande ristrutturata da Antonio Visentini e nella villa di Mogliano, una spettacolare collezione (dipinti, disegni, gemme e miniature) destinata ad essere venduta nel 1762 al re d 'Inghilterra. Il maresciallo Schulenburg, comandante in capo delle armate della Serenissima, riuscì ad allestire nel giro di un ventennio, a partire dal 1724 quando aveva più di sessanta anni, una imponente Galleria composta da mille dipinti di autori antichi e contemporanei, meticolosamente descritti in una serie di inventari continuamente aggiornati. Verso la fine del Settecento, spettò al ricchissimo Girolamo Manfrin, di umili natali, disprezzato dai nobili invidiosi per essere " in mezzo al fango e dalla merda nato", radunare nel palazzo sul rio di Cannaregio una innovativa raccolta di carattere storico "come omaggio alle vette toccate dalla pittura veneziana, chiusa, non ordinata in base alle concezioni estetiche del singolo ma rispondente a scelte programmate che rispondono ai bisogni di un 'intera comunità, strumento di formazione culturale dei cittadini sotto l' influsso dei nuovi indirizzi culturali.
Luca Carnevarijs, Piazza San Marco verso la Basilica, collezione privata.
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