giovedì 1 novembre 2012
MUSEI DELLO SPETTACOLO - Giuliano Confalonieri
Anche chi opera nel settore dello spettacolo ha avuto la preveggenza di conservare ed esporre una nutrita serie di testimonianze che ne ripercorrono la storia raccontando alle nuove generazioni le idee, le avventure, i successi e le sventure di tanta gente. Molti generi, dal palcoscenico allo schermo agli artisti di strada, un mondo vissuto con il sudore e la capacità di mille e mille artisti che si sono confrontati con il pubblico: il teatro greco e l’epoca elisabettiana, la Commedia dell’Arte ed i ‘caratteri’ goldoniani, il cinematografo e la televisione, le dinastie circensi; un ventaglio di spettacoli che ha permesso la diffusione del divertimento e delle idee nonché il confronto tra ceti e società diverse. La tradizione dei cantastorie e dei mangiatori di fuoco, dei nani e della donna cannone, un mondo apparentemente romantico ma in realtà legato alla dura legge della “Strada” felliniana con Zampanò e Gelsomina. Pure i burattini fanno parte della troupe degli artisti di strada, simbolo povero di uno spettacolo popolare con radici antiche: ne parlano gli antichi e le cronache medievali ne riportano l’uso nelle chiese per sacre rappresentazioni o nelle corti feudali per intrattenimento.
La biblioteca di Alessandria fu distrutta da un incendio, Roma raccolse e tramandò grandi nuclei di scritti, i monasteri riuscirono a conservare molti testi antichi e le dinastie (Visconti, Sforza, Malatesta, Estensi, Gonzaga, Medici) contribuirono a mantenere patrimoni librari inestimabili, tappe di un processo che nel tempo ha messo a disposizione di tutti un patrimonio culturale universale. Gli scrittori antichi riportano notizie sull’esistenza di biblioteche, alcune leggendarie o prive di sicuro riscontro, come quella di Anatolia (sec. XIV a.C.). Di altre invece si ha notizia certa: la biblioteca di Assurbanipal o quella, più famosa, Alessandria appunto, che nel corso della sua attività (284 a.C. - 47 a.C.) offrì un esempio di concezione moderna con il connubio della conservazione dei testi e della loro diffusione in copie manoscritte.
Fu ancora merito dell’antica Alessandria d’Egitto destinare un edificio dedicato alle Muse per la raccolta e l’esposizione di oggetti di particolare significato o valore. In periodo rinascimentale fu Lorenzo il Magnifico a riproporre l’usanza dei Romani di raccogliere in appositi ambienti le opere d’arte, molte delle quali disperse o distrutte in epoca medievale. Mecenati come Sisto IV e la famiglia dei Medici sanzionarono poi una attività che sarebbe stata ampliata e resa importante nei secoli successivi. Al vocabolo ‘museo’ si abbina generalmente il significato di una raccolta statica, oggetti esposti senza la giusta collocazione ambientale e quindi inerti per la funzione loro destinata.
Dobbiamo invece fare un sforzo di fantasia per immaginarli nel loro contesto originario, siano essi quadri, sculture, armature: ecco la polvere scomparire ridonando loro lucentezza, colore e movimento.
La storia dell’architettura teatrale si evolve attraverso le civiltà con soluzioni diversificate in base alle esigenze e alle mode ma inalterato rimane il rapporto tra chi dà e chi riceve: l’Olimpico di Vicenza, la Scala di Milano e l’Arena di Verona sono soluzioni ambientali dentro le quali mutano le sensazioni ma non l’interscambio tra palcoscenico e platea. Nel Medioevo le pubbliche piazze fungevano da piattaforma per l’azione dei teatranti, durante il Rinascimento furono i palazzi aristocratici ad ospitare il vecchio ‘Carro di Tespi’ – leggendario trageda greco che girava l’Attica con un palcoscenico mobile – poi la genialità del Palladio e del Piermarini rivolse l’attenzione anche all’acustica, alla prospettiva, alla logistica di palchi, atri, logge, platee e golfi mistici.
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