martedì 17 marzo 2015

Giulio Carpioni (Venezia 1613 — 1679 Verona) - Offerta a Venere - testi di Dario Succi.

Offerta a Venere. Olio su tela, 73 x 98 cm. Collezione privata. Nato a Venezia nel 1613, Giulio Carpioni risulta attivo verso il 1630 nella bottega di Alessandro Varotari detto il Padovanino, da cui apprese i canoni del classicismo veneto, avendo come riferimento la tradizione aurea di Tiziano giovane. Aperto alle molteplici suggestioni della cultura contemporanea, l'artista completò la formazione seguendo il maestro nel 1631 a Bergamo, dove scoprì quel sentimento della realtà che era stato proprio ai lombardo-veneti del Cinquecento. Opera della piena maturità, lo splendido dipinto interpreta il soggetto mitologico trasponendo la tematica in una favola prearcadica. Nell'aria immobile di un paese sognato, le figure intarsiate nell'azzurro cobalto del cielo si dispongono nello spazio aperto della radura: ignare del tripudio festante dei putti, le algide membra delle ninfe sono modellate dall'incidenza della luce, bloccata sullo smalto della forma splendente.
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lunedì 16 marzo 2015

IL FIORE DI VENEZIA - dipinti dal Seicento all' Ottocento in collezioni private - a cura di Dario Succi.

Tre secoli di pittura veneta:, una raffinata scelta del gusto collezionistico internazionale. Mentre il collezionismo del Cinquecento era stato prevalentemente mirato alla costituzione di un gabinetto in cui riunire ed esporre, senza precisi criteri selettivi, reperti archeologici, antichità del mondo greco-romano, oggetti rari ed esotici, cammei e medaglie, nel corso del Seicento si sviluppa a Venezia, in maniera rapidamente crescente, la formazione di quadrerie collocate negli ambienti più rappresentativi del palazzo di famiglia. Ricoprire interamente le pareti del portego o del Cameron grande con dipinti dei maestri del Cinquecento costituiva, per il patriziato veneziano e la facoltosa borghesia emergente, un mezzo per affermare la qualità del proprio rango sociale. Affievolitasi la committenza statale, sono soprattutto i nuovi nobili ad assumere il ruolo di mecenati chiamando gli artisti più in voga a celebrare i fasti della famiglia con affreschi magniloquenti. Nel Settecento emergono figure di raffinati collezionisti e di finissimi conoscitori, da Zaccaria Sagredo (1653-1729), che aveva riunito una ricchissima collezione di disegni e di stampe, ad Anton Maria Zanetti il Vecchio (1680-1767) che, fine incisore lui stesso, seppe creare un fitta rete di relazioni con eminenti collezionisti europei, dal banchiere parigino Pierre Crozat ai conti di Carlisle che, nella splendida country house di Castle Howard, nello Yorkshire, erano riusciti a costituire - dopo quella di Joseph Smith - la più importante collezione europea di vedute veneziane del Settecento con quaranta splendidi dipinti di Canaletto, Bellotto, Marieschi e Cimaroli. Figura di rilievo tra gli intellettuali conoscitori, Francesco Algarotti (1712-1764) ricevette l 'incarico di redigere un ambizioso progetto per la costituenda Galleria dresdense di Augusto III, principe elettore di Sassonia e re di Polonia. Spettò a due facoltosi stranieri residenti a Venezia, Joseph Smith (1664 c.-1770) e Matthias von der Schulenburg (1661-1747) svolgere un ruolo protagonistico nel collezionismo veneziano del XVIII secolo. Il console inglese, principale patron di Canaletto, radunò nella residenza sul Canal Grande ristrutturata da Antonio Visentini e nella villa di Mogliano, una spettacolare collezione (dipinti, disegni, gemme e miniature) destinata ad essere venduta nel 1762 al re d 'Inghilterra. Il maresciallo Schulenburg, comandante in capo delle armate della Serenissima, riuscì ad allestire nel giro di un ventennio, a partire dal 1724 quando aveva più di sessanta anni, una imponente Galleria composta da mille dipinti di autori antichi e contemporanei, meticolosamente descritti in una serie di inventari continuamente aggiornati. Verso la fine del Settecento, spettò al ricchissimo Girolamo Manfrin, di umili natali, disprezzato dai nobili invidiosi per essere " in mezzo al fango e dalla merda nato", radunare nel palazzo sul rio di Cannaregio una innovativa raccolta di carattere storico "come omaggio alle vette toccate dalla pittura veneziana, chiusa, non ordinata in base alle concezioni estetiche del singolo ma rispondente a scelte programmate che rispondono ai bisogni di un 'intera comunità, strumento di formazione culturale dei cittadini sotto l' influsso dei nuovi indirizzi culturali.
Luca Carnevarijs, Piazza San Marco verso la Basilica, collezione privata.
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domenica 15 febbraio 2015

Due artisti del 600/700: Frans Hals e Thomas Gainsborought - Testi di Giuliano Confalonieri

L’olandese Hals (1582/1666) era esperto nel ritrarre la gente (donne, ragazzi, bevitori). Infatti molti popolani gli diedero l’incarico di eseguire il proprio dipinto, soprattutto in pose dinamiche. Dopo essersi formato alla scuola manierista, divenne un virtuoso nella manipolazione dei colori. Iniziò la carriera (della quale sono rimasti oltre 200 quadri) prediligendo uno stile fatto di pennellate rapide. Il suo primo dipinto risale al 1611. Nella scelta degli ambienti preferiva la luce diurna con i riflessi del sole. Leggi tutto su "ARTE RICERCA".

Giuseppe Sacheri (Genova 1863 – Pianfei 1950). Testi di Flavio Bonardo

La montagna e il mare sono da sempre per l’uomo, percorsi di sfide. Salire su di una vetta (inviolata oppure no) superare una parete di sesto grado superiore, compiere una traversata in solitaria sfidando venti e onde, attraversare a nuoto un infido tratto di mare, procura a chi si cimenta una scarica di adrenalina difficilmente quantificabile. La compianta Monica Vitti scrisse: “Con il mare ho un rapporto travolgente, quando lo vedo muoversi, impazzire, calmarsi, cambiare colore, rotta, è il mio amante”. Per Giuseppe Sacheri si può veramente affermare che il mare per Lui fu un amante, inseguito a lungo per i porti di mezza Europa e col quale ha avuto relazioni a volte impetuose a volte tenere e dolcissime. Leggi tutto su "ARTE RICERCA"

Sansovino: Andrea Contucci (1460/1529); Jacopo Tatti (1486/1570) - (scultori e architetti). Testi di Giuliano Confalonieri

ANDREA CONTUCCI Le prime notizie sull’artista riportano la sua collaborazione a Roma con Antonio Pollaiolo. Iniziò la carriera nella chiesa fiorentina di Santo Spirito e nel Duomo di Fiesole per poi spostarsi in Portogallo. A Volterra realizzò la fonte battesimale, a Genova la Madonna della cattedrale. Nei primi anni del Cinquecento eseguì a Roma alcune tombe in Santa Maria del Popolo per conto di Giulio II. Dal 1513 fu soprintendente alla fabbrica della Santa Casa di Loreto. JACOPO TATTI Partecipò ai concorsi per il Mercato Nuovo e per la Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Roma, bandito da Leone X nel 1514, al quale partecipò anche Raffaello. Il suo secondo periodo romano è distinto dallo sviluppo dello stile verso una maggiore imponenza come nella Madonna del Parto. Ristrutturò le cappelle distrutte da un incendio e creò il Palazzo Lante, che segna la prima opera dove il suo stile diventa evidente. Leggi tutto su "ARTE RICERCA".

Jean Michel Basquiat / Benjamin Clementine. Testi di Matteo Gardonio Ducrocq

Non poteva che essere un cantautore e musicista l’erede di Basquiat. Al di là della somiglianza fisica, è nella ricerca dei due che si sente immediatamente quella sottile linea di fuoco che li unisce. Mentre uno moriva, l’altro stava per nascere. Mentre l’uno gridava per l’ultima volta, l’altro stava per emettere i primi vagiti. Quando si ascolta Benjamin arriva immediata anche l’altra anima, quella di Basquiat “io non penso all’arte quando lavoro. Io penso alla vita”. Primitivismo, graffitismo, cromatismo, ma anche sussurri, frasi all’orecchio, parole d’amico della strada valgono per Basquiat come per Benjamin. Entrambi cresciuti dalla e sulla strada, ma non – fortunatamente – da figli della Beat Generation quanto venati da una malinconia romantica, più Hemingway che Ginsberg. Sofisticati e aggressivi, diretti e complicati, i due mescolano carte di una importante tradizione del proprio mezzo espressivo... LEGGI TUTTO SU "ARTE RICERCA".

Carlo Giuseppe Montani (Genova 1863 – Pianfei 1950) - testi di Flavio Bonardo

La città di Saluzzo che si affaccia al Monviso, fu per circa quattro secoli (1175 – 1548) la Capitale di un Marchesato indipendente che si estendeva tra le province di Cuneo e di Torino con lingue estreme ora in territorio francese e conserva ancora oggi tra le sue mura, nobili e ricche testimonianze di quel lontano passato. Lì, Carlo Giuseppe Montani vi nacque il giorno 8 novembre 1868 e a Saluzzo compì i suoi primi studi dimostrandosi brillante ma irrequieto. Per il suo carattere dirompente e smanioso di fare e agire la “Firenze del Piemonte” (com’è appellata per il fascino del suo centro storico) Saluzzo gli stava stretta e fu così che si trasferì a Torino. Nella Capitale Sabauda compì altri studi che gli permisero di partecipare ad un concorso che vinto gli aprì le porte a segretario dell’amministrazione centrale della Pubblica Istruzione e raggiungere così Roma la città tanto agognata. A Roma il giovane Carlo completò i suoi studi diplomandosi presso l’Istituto Tecnico Industriale. Il lavoro amministrativo e tutte quelle scartoffie che si accumulavano sulla scrivania, lo rendevano nervoso e contemporaneamente lo privavano della sua libertà e fu con vero piacere e grande gioia che decise di lasciare quel lavoro inadatto, per tuffarsi libero e felice nell’ambiente giornalistico, letterario/artistico della Capitale dove già aveva fatto conoscenze importanti. Cesare Pascarella (poeta e pittore) era uno di questi: ribollente di novità, idee e progetti, aveva il potere di coinvolgere qualsiasi e Montani più giovane di un decennio ne fu attratto entrando così a far parte del Circolo Artistico Internazionale che in quel 1887 era stato definitivamente trasferito al civico 54 di via Margutta. Il Circolo Artistico inglobava anche la Società degli Acquerellisti, nella quale militava già dal 1878 Filiberto Petiti altro piemontese trapiantato nella Capitale e anche lui proveniente dalla Pubblica Amministrazione. Petiti acquerellista di grande caratura, lo mise sotto la sua ala protettrice, quasi genitoriale poiché tra loro intercorrevano ventitrè anni di differenza; s’instaurò così tra i due piemontesi una grande amicizia e il giovane Carlo (che già si dilettava nella pittura a olio sotto l’egida del Carlandi) fu iniziato dal maestro a quella tecnica così difficile e severa.... LEGGI TUTTO SU "ARTE RICERCA".