LA STORIA DEL LIBRO
L'alfabeto è un insieme di segni grafici convenzionali che permettono la comunicazione orale e scritta. In base alle aree geografiche e culturali la forma linguistica ha assunto nel tempo un valore sociale tanto importante quanto è grande la necessità dell'uomo di ogni tempo di dialogare. Le primitive scritture pittografiche o ideografiche (disegni di oggetti o simboli), gli ideogrammi cinesi ed i geroglifici egiziani (furono proprio questi ad introdurre nell'area mediterranea l’idea di far corrispondere i segni alle parole), la scrittura cuneiforme e gli alfabeti diversificati di fenici, greci, italici, ebrei, siriaci e arabi, fino al più diffuso latino, furono altrettante tappe del cammino che ci ha portati alla video-lettura. L’incisione su tavolette d'argilla oppure su materiale vegetale flessibile, come il papiro o il sottile strato interno della corteccia di alcuni alberi (‘liber’), furono gli antenati del libro così come i fogli arrotolati intorno a cilindri (il nome latino ‘volumen’ deriva dal verbo ‘volvere’, avvolgere). Gli indiani usavano foglie di palma, i cinesi lasciarono le loro testimonianze scritte dapprima su tavolette di legno e poi su seta trattata: la xilografia è infatti il primo sistema di stampa conosciuto da loro molti anni prima dell’era cristiana (metodo usato in seguito in Europa per fabbricare carte da gioco, immagini religiose e i primi libri detti, appunto, xilografici). Nel Medioevo i monaci furono la forza primaria di un’attività che permetteva di tramandare, generazione dopo generazione, la scienza e la cultura del passato. Tra il IX e il XII sec. numerose officine di scrittura nei conventi si incaricarono del poderoso lavoro di copiatura dei testi con specialisti come lo ‘scrittore’, il ‘dettatore’, il ‘correttore’ e il ‘miniaturista’ che doveva decorare e illustrare il lavoro. La costosa pergamena fu poi sostituita dalla carta (manipolazione di steli vegetali o stracci), importata in Europa dagli arabi intorno all'XI sec. I cinesi, per incrementare e uniformare la produzione dei libri, avevano già sperimentato la stampa ‘tabellare’ incidendo testo e figure su una tavoletta di legno, poi inchiostrata e premuta su stoffa o carta. Con il nuovo materiale e con il sistema di duplicazione da un’unica matrice, il libro raggiunse per i costi accessibili anche le classi popolari. Quando la pergamena soppiantò questi supporti perché più pratica e meno costosa, i fogli quadrati o rettangolari furono legati insieme nei primi Codici manoscritti medievali. Pur mancando ancora una forma di riproduzione meccanica, già lo scriba e l'amanuense (spesso schiavi istruiti) ricopiavano gli originali per poterli rivendere o semplicemente per funzioni d'archivio. Ci sono così pervenute copie da papiri delle tombe egizie, dei rotoli romani di Ercolano, dei Codici Vaticani di Terenzio e dei famosi manoscritti ebraici del Mar Morto.
Verso la metà del Quattrocento, l’idea di fondere in lega metallica le singole lettere dell’alfabeto - con la possibilità di una composizione duttile e praticamente illimitata di copie - diede origine alla moderna arte tipografica: l'inventore del processo di stampa a caratteri mobili, prima in legno poi in piombo, è ritenuto il tedesco Johannes Gutenberg, nato a Magonza tra il 1394 e la fine del secolo.
L’inventore arrivò all’applicazione pratica del sistema di stampa in modo graduale a partire dal 1436 quando, in un laboratorio precario, effettuò i primi esperimenti segreti, rivelati tre anni dopo durante il processo intentato da Gutenberg agli eredi di uno dei suoi collaboratori, Dritzehn, per avere fatto scomparire del materiale predisposto per gli esperimenti (nel corso della sua lunga attività, Gutenberg ebbe molte traversie finanziarie e giudiziarie con soci ed usurai con relativo sequestro del materiale tipografico). Il suo lavoro più famoso rimane la prima stampa della Bibbia in duecento copie, nell’edizione delle ‘42 righe’, detta anche ‘Mazarina’ dal nome della biblioteca parigina nella quale nel Seicento fu ritrovato un esemplare. Terminata prima del 15 agosto 1456, l’opera era già in vendita nello stesso mese come testimoniano le date scritte sulla copia conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi. Il ricavato della vendita dell’opera andò comunque ad esclusivo beneficio dei suoi due collaboratori: il socio Schoffer e l’avvocato usuraio Fust.
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