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mercoledì 16 luglio 2014
I FALSI NELL'ARTE - Parte seconda
La Musa Polimnia. Imitazione su lavagna di dipinto antico. Cortona, Museo dell'Accademia Etrusca (MAEC).
Quasi tutti gli artisti, agli inizi o durante la loro carriera, hanno realizzato delle copie di opere importanti o nello stile di qualche illustre maestro. Nel 1496, Michelangelo realizza un Cupido dormiente che antichizza per il mercante Baldassare del Milanese, il quale lo cedette al cardinale Riario di San Giorgio, che scoperta la frode ne pretese il rimborso.
Il napoletano Colantonio, maestro di Antonello da Messina, si distinse nell'imitazione di dipinti fiamminghi, genere particolarmente apprezzato ai tempi; Luca Giordano riprodusse Tiziano e Tintoretto; Giuseppe Guerra, allievo del Solimena, per scagionarsi ed evitare il carcere quale ladro di reperti archeologici, dovette confessare di essere un falsario di pitture pompeiane.
La falsificazione, dagli inizi del Novecento, ha coinvolto ogni settore dell'arte, in particolare il campo delle incisioni e litografie moderne. E' stato stimato che circa 100.000 litografie recanti la firma dello spagnolo Dalì sono state vendute in tutto il mondo nel corso degli ultimi 20 anni. Stampe di artisti famosi sono state riprodotte o stampate oltre i quantitativi autorizzati.
La storia dei falsi accompagna da sempre il mercato dell’arte e anche in questo istante, in tutto il mondo, centinaia di artisti stanno producendo "opere antiche".
martedì 15 luglio 2014
I FALSI NELL'ARTE - Parte seconda
Durante il Rinascimento, molti pittori tra quelli di maggiore successo hanno assunto apprendisti che si formavano copiando le opere e lo stile del maestro. Poiché all'epoca era l'apprendista a dover pagare per la propria formazione a "bottega", sovente le opere realizzate da questi venivano vendute a rimborso dell'apprendistato. Questa pratica, generalmente considerata un lecito tributo, produceva anche opere che con il trascorrere del tempo sono state erroneamente attribuite al maestro stesso.
Dopo il Rinascimento, a seguito della crescente prosperità della classe media venne a crearsi una forte domanda per l'arte, portando ad un aumento del valore di questi oggetti, a dipendere anche dal nome dell'artista. Per identificare le loro opere, i pittori cominciarono a marcarle con iniziali e monogrammi; questi segni, successivamente si evolsero in firme. Con l'aumentare della domanda di opere fecero la loro comparsa sul mercato anche le falsificazioni di marchi e firme, tanto da divenire un'autentica piaga per gli artisti più famosi.
Nel Medioevo, a causa del crescente interesse per le reliquie cristiane, vennero prodotte un'infinità di frammenti e chiodi della Croce, culle del Bambino Gesù e ossa di Santi.
Nel XIV° secolo, vennero create molte opere d'arte che imitavano sculture greche e romane, vendute per autentiche a collezionisti, nobili e clero.
Quasi tutti gli artisti, agli inizi o durante la loro carriera, hanno realizzato delle copie di opere importanti o nello stile di qualche illustre maestro. Nel 1496, Michelangelo realizza un Cupido dormiente che antichizza per il mercante Baldassare del Milanese, il quale lo cedette al cardinale Riario di San Giorgio, che scoperta la frode ne pretese il rimborso.
Il napoletano Colantonio, maestro di Antonello da Messina, si distinse nell'imitazione di dipinti fiamminghi, genere particolarmente apprezzato ai tempi; Luca Giordano riprodusse Tiziano e Tintoretto; Giuseppe Guerra, allievo del Solimena, per scagionarsi ed evitare il carcere quale ladro di reperti archeologici, dovette confessare di essere un falsario di pitture pompeiane.
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sabato 12 luglio 2014
IL MANIFESTO PUBBLICITARIO
Anticamente (dai Sumeri agli Egiziani ai Romani) gli spazi murali erano un ottimo richiamo per avvertire i cittadini delle nuove disposizioni statali o per confermare norme già in vigore. La realizzazione del manifesto cartaceo – grazie all’introduzione della litografia – ha permesso di portare alla ribalta un artista come il francese Henri De Toulouse-Lautrec. Le sue ‘invenzioni’ illustrative hanno contribuito alla nascita di un nuovo mezzo di comunicazione, surclassato poi dalle novità tecniche sempre in crescendo. Infatti con l’affermarsi della civiltà industriale si usarono testi più abbreviati e disegni più ampi, finché si giunse all’immagine simbolica contemporanea. Il manifesto come foglio di carta stampata é legato all'invenzione della litografia per la riproduzione delle opere d'arte (1793) che ne permise la diffusione in serie a colori.. Le grandi illustrazioni influenzarono i lavori del XX secolo, dal settore pubblicitario alla produzione industriale.
Dopo la prima guerra mondiale gli artisti del Bauhaus e dei gruppi d'avanguardia sperimentarono altri metodi come il fotomontaggio. Da questa scuola, fondata per risolvere i problemi del rapporto tra arte ed industria, sorsero realizzazioni surrealiste e razionalistiche. Dal 1920 la riproduzione fotomeccanica ne trasformò la tecnica e la stampa. In Italia dal 1896, le Officine Grafiche Ricordi usarono cartellonisti di valore che, pur proseguendo nello stile liberty, cercarono sintesi di un gusto più moderno. Create nell'ambiente delle Corti (per un pubblico di raffinati aristocratici dei quali riflettono i gusti fastosi), le opere degli artisti manieristi appaiono caratterizzate dal culto per l'eleganza formale. Questa tecnica si affermò a Roma nei primi decenni del Cinquecento per poi diffondersi a Mantova, Venezia, Milano, Cremona e Firenze dove – per la corte medicea – furono attivi Vasari e Cellini. Attraverso le incisioni ed i disegni, diffusi dagli artisti viaggiatori, la tecnica italiana si diffuse in Europa distinguendosi nei grandi centri culturali. Il manifesto attuale comparve nell’Ottocento in seguito alla rivoluzione industriale. I primi esemplari per reclamizzare i prodotti industriali erano costituiti dal solo testo, quello a colori fu invece utile al mondo dello spettacolo: i primi esempi furono realizzati a Parigi; una città ricca di teatri e ritrovi nonché capitale dei movimenti pittorici. Attraverso le loro opere, il manifesto delinea le sue caratteristiche fondamentali. Toulouse-Lautrec in particolare conferì al genere un’impronta personalissima trasferendo nei suoi lavori i personaggi e l’atmosfera dei quadri. Verso il 1890 questo genere si imponeva con caratteristiche definite e con una grande tiratura: dalla Francia si diffuse in Europa e negli Stati Uniti parallelamente allo sviluppo industriale e commerciale. In Italia la storia del manifesto è affidata alle officine grafiche Ricordi fondate nel 1896. Già i primi artisti del cartellone pubblicitario capirono l’esigenza di distaccarsi dallo stile illustrativo e scoprono la sintesi di gusto più moderno che caratterizza il messaggio pubblicitario moderno.. Nei primi decenni del XX secolo, si affacciano nel panorama italiano autori importanti convinti che “la soluzione grafica deve rendere impossibile la dissociazione dell’idea dalla forma”. Severo Pozzato, in arte Sepo, fondò una scuola del manifesto a Livorno (suo è il noto panettone Motta). Il cane a sei zampe dell’ENI appare su tutte le strade d’Italia. Negli anni Venti e Trenta avviene la trasformazione tecnica nell’esecuzione e nella stampa del manifesto, che influenzerà inevitabilmente anche l’aspetto estetico dei lavori. Si abbandonano la litografia e la cromolitografia e si passa alla fotomeccanica.
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giovedì 10 luglio 2014
I FALSI NELL'ARTE - INSIDIE DEL SETTORE ANTIQUARIO

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